Fuga in Normandia, di Oliver Parker

Basato su una storia vera, la fuga dalla casa di riposo dell’ultraottuagenario Bernard per la commemorazione del D-DAY in Normandia riesce in maniera incisiva a commuovere. Straordinario Michael Caine

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Tramonti porpora ed albe magenta. Banchi cirrosi che screziano di bianco lattiginoso orizzonti che si perdono a vista d’occhio. Note di pianoforte che sembrano andare ramengo ma in realtà stanno toccando tutte le corde ascensionali (del cuore). Veterani dello schermo che interpretano coevi reduci di guerra come se ogni ruga fosse un frego di questa loro doppia carriera. Due coniugi che hanno vissuto più di 60 anni del loro matrimonio all’apparenza comune ma che in realtà sono ancora in qualche modo toccati dal dramma più profondo del Novecento occidentale.

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Avrebbe e ha gioco facile, Fuga in Normandia del navigato Oliver Parker, che romanza,  caricandolo di significato, la storia dell’ottantanovenne Bernie Jordan. Ex soldato della Marina britannica nel 2014, in occasione del 70° anniversario dello sbarco in Normandia, dopo non esser riuscito a organizzarsi in tempo con la sua associazione, si allontana senza avvisare il personale dalla struttura dalla casa di riposo in cui vive insieme alla moglie Irene per raggiungere la famosa cittadina francese e unirsi agli altri vegliardi reduci. La notizia di questo allontanamento giunge ai media che la gonfieranno ad arte chiamandola fuga. The Great Escaper è infatti il titolo originale del film, soprannome con cui venne effettivamente con poca grazia apostrofato Jordan dai mai misurati tabloid britannici, dando per soprammercato risalto alla retorica militaresca che sarebbe stata dietro la volontà di questo eroe di guerra. Il regista però relega questo chiacchiericcio mediatico a sfondo, mostrando con poche e sbrigative scene i riflettori che accompagnarono la vicenda. Il cuore pulsante del film, gran bel paradosso per un’opera che ricorda che la vitalità non è solo appannaggio dell’anagrafe, sono infatti i due attempati protagonisti, interpretati meravigliosamente da Glenda Jackson, al suo ultimo ruolo prima della morte, e Michael Caine, ritiratosi dalle scene proprio con questo lungometraggio.

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Parker non si scosta quasi mai dalle profonde rughe dei loro visi, dalle riprese dei loro passi malfermi che nemmeno i deambulatori riescono a lenire e dall’ascolto degli scambi da screwball comedy che i due si scambiano pur con qualche inevitabile biascichio. Fuga in Normandia è allora un film che insiste fortemente ma con pudore sulle rovine fisiche dei suoi due protagonisti come unico corollario possibile alle analoghi distruzioni storiche che questa vicenda inevitabilmente rievoca. Il senso di colpa di Jordan e soprattutto di Arthur, l’anziano ex- soldato che pur continuando a vomitare come un ragazzino non riesce a perdonarsi per aver probabilmente ucciso il fratello in un raid compiuto durante la guerra, sono infatti precisi e, per una volta, giustamente marchiani moniti verso alcuni degli innumerevoli orrori che una guerra totale comporta.

Parker non compie nulla di rivoluzionario né tantomeno di originale in questa denuncia che muove lateralmente all’ultimo e forse più importante viaggio di formazione di Bernie Jordan. Il dolly sulle salme che, alzandosi, rivela la vastità delle migliaia di caduti in un singolo attacco o l’inevasa richiesta del suo commilitone che troverà requie soltanto in questo ultimo raduno, sono modi classicissimi ma commoventi di non accettare la presente tendenza a riamarsi in vista di un conflitto che purtroppo torna ad apparire come svolta ineludibile di tensioni politiche.

Racconto sentimentale ed allo stesso tempo retorico, Fuga in Normandia riesce quasi miracolosamente a far ricorso al bagagliaio tecnico di entrambi i generi – flashback anticipati dal dettaglio degli occhi che si stringono nello sforzo della rievocazione, primi piani intensi a conferma dei momenti più significativi, la sofferenza evocata ma mai realmente mostrata – riuscendosi comunque a fermare sempre un attimo prima del preventivabile crollo per eccesso di materiale lacrimoso. Un risultato naturalmente ascrivibile all’interpretazione della coppia Jackson/Caine – che erano già stati marito e moglie in Una romantica donna inglese di Losey –  che si congeda dagli schermi con un commiato dolcissimo e malinconico, sgonfiando nella scena finale con giusta protervia sia le ruote delle bici dei chiassosi ciclisti sia gli ego di generazioni di attori che difficilmente riusciranno a raggiungere la loro classe.

 

Titolo originale: The Great Escaper
Regia: Oliver Parker
Interpreti: Michael Caine, Glenda Jackson, John Standing, Danielle Vitalis, Will Fletcher, Laura Marcus, Ann Queensberry, Jackie Clune, Victor Oshin, Brennan Reece
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 96′
Origine: UK, USA 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
2.67 (3 voti)
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