La programmazione di Fuori Orario dal 23 al 29 giugno

Prosegue l’omaggio dedicato a Julio Bressane, in collaborazione con la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro e serata dedicata a Gianni Amico. Da stanotte.

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Domenica 23 giugno dalle 1:40 alle 6:00

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Fuori Orario cose (mai) viste

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di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

SCOPRITORE DI STELLE. OMAGGIO A JULIO BRESSANE (3)

a cura di Roberto Turigliatto

L’omaggio a Bressane è realizato in collaborazione con la 60° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro che negli stessi giorni presenta gli ultimi due film del regista: Relâmpagos de críticas murmúrios metafísicos   (2024, prima mondiale) e Leme do destino (2023, prima italiana)

IL LUNGO VIAGGIO DELL’AUTOBUS GIALLO       seconda parte     prima visione italiana

(A Longa Viagem de Ônibus Amarelo, 2023, prima parte, 250’ circa, v.o. sottotitoli italiani

Regia e montaggio: Julio Bressane, Rodrigo Lima

Bressane ha incontrato il cinema fin dall’adolescenza, quando la madre gli regalò una macchina da presa. A Longa Viagem de Ônibus Amarelo, realizzato insieme a Rodrigo Lima, è un film straordinario e senza equivalenti, di oltre sette ore, che assimila, disloca, rimonta e organizza per leit motiv, brani di 58 titoli della sua stessa filmografia, compresi film familiari, realizzati tra il 1959 e il 2021, l’anno di  Capitu e o capitulo. Il film viene presentato a Fuori Orario in prima assoluta per l’Italia, e in connessione con Relâmpagos de críticas murmúrios metafísicos mostrato a Pesaro in prima mondiale. Non autobiografia ma Atlante al modo di Aby Warburg, e anche fantasmagoria della luce, fantasia musicale, come già era stato Rua Aperana 52. Il film ritrova anche le riprese fatte da Bressane durante il lungo viaggio in auto compiuto con Rosa Dias e Andrea Tonacci da Venezia a Katmandu, attraverso l’Afghanistan, nella seconda metà degli anni ’70. Così come le prime immagini girate da Bressane durante il suo viaggio con sua madre in Italia e a New York nel 1959.

«Il lungo viaggio dell’autobus giallo non è una riflessione sulla propria opera né un’autobiografia in forma di cinema, è una creatura a sé, che di quella mole di immagini si nutre per farsi altro. “La ricerca del film è il cinema stesso» – così lo presenta Bressane – «quello che ho provato a vedere in questi 58 film è cosa resta del cinema. Oggi sembra scomparso, le persone cercano storie, emozioni ma si dimenticano che la prima cosa in un film è la luce, il film stesso. Quello che ho provato a fare è organizzare 27 figure del linguaggio del cinema per mostrare l’invisibile che è rimasto in queste immagini. Oltre all’inconscio pulsionale, c’è un inconscio ottico che si attiva durante la visione. Il cinema permette, attraverso l’inquadratura e il particolare, di tirare fuori quello che vede l’inconscio. Come in Mnemosyne di Aby Warburg non c’è nessuna spiegazione, il film non vuole dire nulla, ogni singolo spettatore può farsi il suo viaggio e trovare la propria strada dentro quelle immagini.  (….)  È il film di un anonimo»,” Questo Lungo viaggio è un film che arriva da lontano, come racconta Rodrigo Lima, montatore e collaboratore di lungo corso che qui firma il film con Bressane: “Abbiamo cominciato a pensare a questo film nel 2006, mentre giravamo Cleopatra, poi man mano abbiamo cominciato a raccogliere i tanti film di Julio, all’inizio abbiamo caricato i vhs e i dvd di alcuni, poi, anni dopo, abbiamo caricato i file di altri, in seguito i film familiari di Julio e Rosa e solo poco tempo fa abbiamo avuto la possibilità di avere delle scannerizzazioni in alta qualità dei film e materiali che mancavano. Quando, allo scoppiare della pandemia, ci siamo ritrovati costretti in casa e con una situazione difficile nel nostro Paese, abbiamo cominciato a montare realmente queste circa 80 ore di filmati”.  (…)  In Bressane lo scienziato/filosofo incontra lo sciamano, Il lungo viaggio ha la sapienza del «tractatus» che chiede ancora una volta «che cos’è il cinema?» ma anche una forza cieca che riesce a evocare e far danzare insieme Nietzsche e Antonioni, Dioniso e Aby Warburg, Hitchcock e Pessoa. Se proprio ci è impossibile accettare che arrivino cose da altri mondi che difficilmente sono spiegabili e etichettabili dalla nostra supponente «ragioneria» europea, bisogna guardare al Carmelo Bene di Nostra Signora dei Turchi o al Traité de bave et d’éternité di Isidore Isou, film che partono dal desiderio di distruggere tutto, a partire da sé. «Non sono un uomo, sono dinamite» per dirla con Nietzsche e Bressane segue questo pensiero alla lettera e si fa esplodere come Pierrot le fou. »(Fulvio Baglivi, “Il Manifesto”   (9 aprile 2023)Venerdì 28 giugno dalle 1:40 alle 6:00

SCOPRITORE DI STELLE. OMAGGIO A JULIO BRESSANE (4)

a cura di Roberto Turigliatto

in collaborazione con la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

GAROTO (RAGAZZO)                                      

(Brasile, 2015, col., dur., 77′, v. o. sott., it.)

Regia: Júlio Bressane

Con: Marjorie Estiano, Gabriel Leone, Josie Antello

Ispirato al racconto L’assassino disinteressato Bill Harrigan di Jorge Luis Borges.  L’inizio della vita nella foresta del “garoto“ dove sperimenta l’avventura amorosa e spirituale con una ragazza.  Tutto cambia quando il giovane commette un crimine inaspettato che condurrà alla separazione., alla fuga e poi al ritrovamento in un deserto popolato di segni preistorici.

La scena ellittica del crimine (rappresentato fuori campo) divide il film in due parti, girate in due luoghi iconici del cinema di Bressane: la prima nella foresta di Tijuca e in Rua Aperana a Rio de Janeiro e, la seconda nel sertão di Cariri a Cabrobó, nella Paralba dove si trova la Pedra do Pai Mateus (già presente in São Jeronimo).

Il film è stato pensato all’interno di un progetto produttivo dal titolo „Tela brilhadora“ che si richiama all’esperienza della mitica Bel Air del 1969 (la casa di produzione di Bressane, Sganzerla e Helena Ignez) e che comprende altri tre film realizzati da altrettanti  collaboratori abituali del regista, Bruno Safadi, .Moa Batsow, Rodrigo Lima

“Ho letto il racconto di Borges ancora negli anni Settanta. Mi affascinò fin dal primo momento in cui lo scorsi davanti agli occhi. Entrai in contatto con Borges per telefono e gli parlai della mia volontà di filmare la versione innovatrice e devastatrice che lui aveva fatto del mito dell’assassino disinteressato Bill Harrington. Fu un affrettato, irriflesso adattamento che fortunatamente non filmai. Una lettura più lenta mi fece aprire il testo e seguire, nella mitologia della collera, il mito ancestrale dell’omicidio. Un’opera d’arte è la possibilità di una reincarnazione, mi avvicinai alla contemporaneità del mito attraverso la via archeologica, preistorica. Il mito nasce dall’insufficienza del linguaggio di fronte al soprannaturale. L’essenziale è sempre l’invisibile”. (Júlio Bressane)

RUA APERANA 52                                                        

(Id. Brasile, 2012, b/n e col., dur., 79’, v. o. sott., it.)

Regia: Julio Bressane

Rua Aperana 52,  presentato in prima mondiale  al  festival di Rotterdam,è  il frutto di un lavoro di montaggio di energia e raffinatezza estreme, sorprendente ed emozionante, in cui Julio Bressane non solo utilizza diverse fotografie scattate tra il 1909 e il 1955 (il padre, la madre, lui bambino, la casa di rua Aperana 52), ma rimonta estratti di 25 film – intere sequenze o brevissimi frammenti – per lo più girati negli stessi luoghi (la strada, la montagna dei  Dois Irmães, l’oceano Atlantico con le sue isole all’orizzonte), nel corso di oltre cinquant’anni: dai film di apprendistato del giovane Julio con la macchina 16 mm. regalataglidalla madre nel 1958-1959, fino a Erva do Rato, del 2009, comprese immagini ancora mai mostrate (da A Fada do Oriente, girato in Marocco nel 1972, e da Viagem através  do Brasil col viaggio in Afghanistan del 1973). È forse la prima volta che un cineasta pratica un lavoro così ampio, preciso e fotogrammatico sul corpo dei suoi stessi film, un’operazione di “spostamento” che per forza inconscia si fa forma del pensiero, fantasmagoria della luce, fantasia musicale. La strada a serpentina che sale lungo la montagna (figura barocca vista e rivista innumerevoli volte in un gioco di ripetizione che entra in risonanza con il modo di avanzare del film stesso e con l’intera filmografia del regista), nella sua ascesa al settimo cielo ci porta lontano, verso l’infinito, oltre l’infinito. “invenzione del paesaggio” di questo film, in cui agisce  ancora una volta quella “forza aborigena del cinema” che in Bressane è anche Atlas della memoria, memoria della storia e memoria della preistoria. (Roberto Turigliatto)

“L’ho pensato come un geo-film, una topografia, la geografia di un luogo. Un luogo non molto vasto ma molto ricco come paesaggio. È un paesaggio che possiede in sé la forza dei quattro elementi, pieno d’acqua, d’aria, di fuoco e di terra. E anche il paesaggio di un grande passato, di un grande segno preistorico. È sempre questo, secondo me, il grande tesoro culturale dell’America, il mondo prima del XVI secolo. Questo luogo di dimensioni limitate, questa piccola geografia, appartiene a questo mondo, contiene in sé tutta questa ricchezza, questo tesoro che oggi viene dimenticato e perfino nascosto alla nostra esistenza(…) Tutto è autobiografia, conosciamo bene questa mitologia. Ma questo film non ha nulla di autobiografico per quanto riguarda la costruzione della forma. Le fotografie sono quelle dei miei genitori, di me bambino; ma si tratta di qualcosa che può essere sensibile soltanto per chi mi conosce. Gli altri non possono sapere se si tratta di me o di un altro bambino. Naturalmente ci sono i sentimenti, le sensazioni, le passioni: tutte cose presenti in quelle immagini. Ma per quanto riguarda il montaggio ho lavorato sull’idea della costruzione del paesaggio: è questa la cosa importante in queste immagini.  (…)   Per me questo film rivestiva una grande importanza soprattutto per un’idea di montaggio, il montaggio come forma di pensiero.    Ho “spostato” molti miei film precedenti, utilizzandone delle parti, ma tutti questi film sono stati “dati” a un altro film, forgiati in un altro film. Questo film non ha nulla di autobiografico o personale, è semmai un biografema, nel senso di Roland Barthes, ovvero il biografico al di là della biografia”. (Julio Bressane)

 

Sabato 29 giugno dalle 1:45 alle 6:30

(GIANNI) AMICO PER SEMPRE

a cura di Fulvio Baglivi

TROPICI         [EDIZIONE RESTAURATA 2024]         prima visione TV

(Brasile/Italia 1968, b/n, 81′, versione originale italiano/portoghese con sott. italiano)

Regia: Gianni Amico

Con: Joel Barcelos (Miguel), Janira Santiago (Maria), Antonio Pitanga (il mulatto), Graciete Campos (Graciete), Batista Campos (Batista).

Per la prima volta Tropici, film fondamentale nella storia del “nuovo cinema” italiano, nonché primo film interamente prodotto dalla Rai, va in onda per la prima volta nella sua versione originale, in italiano e portoghese, con sottotitoli, e restaurato digitalmente. Grazie a Rai Teche e con il contributo della Cineteca Nazionale che nel 2002 aveva restaurato il film grazie ad Adriano Aprà e Roberto Perpignani, montatore di Tropici, per un omaggio dedicato a Gianni Amico dal Torino Film Festival.

Fuori Orario ha curato il restauro digitale del film, realizzato interamente all’interno della Rai, che sarà proiettato in anteprima assoluta a Bologna, all’interno del prestigioso festival Il cinema ritrovato, il 26 giugno. L’opera girata da Gianni Amico, con Francesco Altan assistente alla regia, segna l’inizio di una stagione produttiva della TV pubblica che, tra film sperimentali e produzioni a costi contenuti, arriverà a vincere la Palma d’oro a Cannes con Padre padrone dei Fratelli Taviani nel 1978. Il viaggio, a piedi e in camion, dal Nordest del Brasile fino a Recife, sull’Atlantico, e poi a São Paulo di una famiglia di salariati agricoli, composta da padre, madre e due piccoli figli, alla disperata ricerca di lavoro.

È la storia di un gruppo di persone che passano dalla schiavitù al capitalismo internazionale”. (G. Amico).

LO SPECCHIO ROVESCIATO – UN’ESPERIENZA DI AUTOGESTIONE OPERAIA

(Italia, 1981, colore, 177’)

Regia: Gianni Amico e Marco Melani

Prodotto dalla Rai Liguria e trasmesso in tre puntate (Carovana e camalli; Compagnia unica lavoratori merci varie; Il sacco e il container) tra il 26 gennaio e il 2 febbraio 1981, il film di Amico e Melani narra la storia della Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie che da centinaia di anni anima il porto di Genova. La storia della Compagnia fa da sfondo alle questioni affrontate dai lavoratori agli inizi degli anni ’80 che hanno come obiettivo l’autogestione da parte dei lavoratori della Compagnia e come orizzonte la fine dello sfruttamento.

Un’opera fortemente voluta da Arnaldo Bagnasco, con musiche di Alvin Curran

Mitico antro di ogni favola marina. Il porto è sogno e incubo per tutti i cinefili d’acqua salata, luogo canonico di contraddizioni tra socialità e ammirazione estatica, scenario mitologico dove le casse sostituiscono la Monument Valley e le gru ricordano gli invasori spaziali, croce e delizia del ricercatore sociologico e dell’antropologo urbano….” (Paolo Mereghetti)

 

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