16º Donnafugata Film Festival – Sotto il segno del Toro

La torre del castello di Donnafugata fu costruita per osservare il feudo, oggi osserva le storie del suo territorio. La prima corrispondenza dal 16esimo Donnafugata Film Festival

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La luce del cinema aveva già illuminato nella serata d’apertura, svoltasi il 6 agosto, il castello di Donnafugata. Non solo cinema, visto che la giornata di apertura ha visto anche l’omaggio al regista teatrale Walter Manfré e la presenza dai Fratelli Napoli, artisti della marionettistica, che avevano animato il castello per la meraviglia di piccoli e grandi. Anche se, alla fine, non è proprio un castello. In realtà si tratta di un’evoluzione di una tenuta di campagna, con una torre costruita in tempi antichi per sorvegliare il feudo. Di barone in barone, di allargamento in allargamento, la struttura è cresciuta abbastanza da guadagnarsi l’appellativo di castello. Sicuramente mozza il fiato come se lo fosse, una volta percorso il viale carico di trattorie e superata la blanda guardia di due cagnoloni stravaccati all’ombra. È nel cortile interno che tutto comincia in questa seconda giornata del 16º Donnafugata Film Festival.

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Come se si osservasse ancora il territorio, ma con intenzioni stavolta benigne, ecco che entrambi gli eventi speciali sono dedicati a opere fortemente legate a Ragusa. Si comincia, infatti, con la presentazione di Ossigeno, il libro con il quale Federica Molé ha raccontato suo padre Giovanni: giornalista, segretario provinciale dell’Associazione Siciliana Stampa, ha lasciato un vuoto pesante nella vita di chi gli era vicino quando è scomparso a soli 61 anni a causa del covid. Federica Molè racconta suo padre con l’amore di una figlia che lo vorrebbe ancora al suo fianco, ma anche di chi lo conosce bene e ne conosce le ambiguità. Racconta l’autrice al Donnafugata Film Festival che il padre, per spronarla ad andar bene nel test di ammissione all’università, non l’accompagnò davanti all’aula, ma si iscrisse lui stesso al test, non dando seguito alle minacce di iscriversi anche ai corsi.

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Nour, di Maurizio Zaccaro

Un altro segno nel territorio, specialmente quello di Ragusa, è quello raccontato Un seme in città di Francesco Bocchiero. Il documentario racconta l’impegno dell’Associazione Insieme in Città e in particolare del professor Giorgio Flaccavento contro lo spopolamento di Ragusa superiore. Un’opera che ha al suo centro una tematica estremamente complessa come l’urbanistica, ma che con un piglio didattico riesce a rendere accessibile la tematica, pur non sminuendone l’enorme complessità. Si arriva a parlare anche di mappe comunitarie, che si concentrano sui luoghi utilizzati e vissuti dalla comunità e che quindi sono destinate a cambiare in continuazione, seguendo le abitudini di chi le delinea.

Il clou della giornata è stata, però, soprattutto la presentazione del workshop intensivo di Maurizio Zaccaro, guest director di questa sedicesima edizione del Donnafugata Film Festival. A lungo collaboratore di Ermanno Olmi (a cui ha dedicato anche un libro, che presenterà nei prossimi giorni qui al festival), autore di film come Nour e Un uomo perbene. Il regista ha parlato anzitutto dei suoi inizi dietro la macchina da presa di un horror commissionatogli da Pupi Avati, per poi passare al rapporto con la tecnologia per gli aspiranti registi di oggi. “A molti consiglio di girare direttamente con il cellulare, non costa nulla!“, sostiene Zaccaro, ricordando anche ai giovani registi come il digitale non solo offre soluzioni inedite, ma apra a delle possibilità di girare impensabili fino a una decina di anni fa. Un monito a cui darà seguito con questo workshop intensivo di tre giorni che si concentrerà sulla pratica della regia cinematografica. “Come vuoi raccontare una storia?“. Lo stesso Maurizio Zaccaro ha risposto attraverso la sua opera prima, Dove comincia la notte, il suo esordio alla regia. Ecco che nella seconda serata del festival grandi registi rispondono a questa domanda attraverso le loro opere: Peter Bogdanovich (Dietro la maschera), Ivan Reitman (Ghostbusters), Alejandro Amenàbar (Apri gli occhi), Alex Cox (Syd & Nancy) e Orson Welles (L’infernale Quinlan). Tutto, sotto il segno del toro.

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