Laceno d’Oro 44 – Pratomagno, di Gianfranco Bonadies e Paolo Martino

Un mediometraggio docu-film che alterna il reale all’animato racconta di luoghi, memorie, ambiente, immigrazione e futuro attraverso l’amicizia vera tra un bambino italiano e un immigrato gambiano.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Gianfranco Bonadies e Paolo Martino raccontano di luoghi, memorie, ambiente, immigrazione e futuro attraverso l’amicizia tra un bambino italiano di quattro anni e un immigrato gambiano di ventidue, in un breve docu-film che alterna il reale all’animato.

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Il bambino si chiama Alberto e vive insieme alla sua famiglia a Pratomagno, una montagna ad Arezzo che separa Casentino dal Valdarno; il ragazzo invece si chiama Sulayman ed è un immigrato originario del Gambia giunto in italia per motivi umanitari, attraversando il mediterraneo in un viaggio lungo e travagliato, stabilitosi presso la famiglia di Alberto, lavorando come pastore nei loro allevamenti di mucche.
L’amicizia è vera, la storia è reale. Due esseri umani tanto diversi eppure così simili: chi per le origini e chi per l’età, nessuno dei due parla un italiano fluente e comprensibile. Fortunatamente non ne hanno bisogno: il loro linguaggio è semplicemente l’affetto, la compagnia reciproca, la condivisione; nel loro scorrere, le immagini raccontano del presente reale, vissuto, rievocando tutte quelle sensazioni. Un luogo arcadico che oggi ci sembra lontano nel tempo e nello spazio, sensazioni familiari di un presente che sembra già passato: questo è ciò che trasmette la pellicola, raccontando dei profumi della campagna, dell’erba umida e dei fichi ancora appesi agli alberi; dei suoi sapori, il latte fresco, il formaggio buono; e dei ricordi, la mucchina, i giochi, le passeggiate, i bagni all’aperto. Tutte quelle sensazioni destinate a essere perdute, sopravvivendo solo in memorie distanti.

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Pratomagno è un documentario sociale e al tempo stesso si rivela anche un mediometraggio molto cinematografico. Non servono parole per raccontare una storia fatta di sentimenti, e ormai non sono più sufficienti per convincere il mondo dei problemi più grandi che lo stanno portando alla rovina, come il surriscaldamento globale, o l’immigrazione. Le persone hanno bisogno di vedere. E cosa può servire meglio allo scopo di spiegare il futuro se non le immagini animate? Ed è qui che si fa ancor più rilevante la storia di Sulayman e Alberto. Il primo deve rientrare in Gambia e, a causa di problemi burocratici, probabilmente non potrà più fare ritorno in Italia; il secondo, costretto alla separazione, crescerà senza l’amico con cui stava così bene.
Dopo tanti anni Alberto tornerà a Pratomagno, dove ormai non è più rimasto nessuno: ci sono solo ricordi e tanta acqua, la quale sommerge ogni cosa, cadendo incessantemente dal cielo e facendo svanire tutto ciò che è stato bello.

Il docu-film usa il reale per raccontare, con eleganti primi piani dei personaggi e campi lunghissimi sul paesaggio che li circonda, attraverso l’utilizzo di droni, di un’amicizia che supera ogni barriera imposta dalla società, sia essa etnica o sociale, mostrando gli effetti positivi dell’accoglienza e dell’integrazione. L’animazione è usata intelligentemente per raccontare di un futuro non ancora avvenuto, distopico ma possibile, vista la situazione odierna sia del paese che del mondo intero.
Si tratta di un viaggio cinematografico nel futuro che avviene trasversalmente per mezzo di un treno che attraversa il paese, partendo dalla superficie fino a sotto il mare; questo viaggio viene intrapreso non solo dall’Alberto animato e ormai adulto, ma anche dallo spettatore, che finisce per vivere quella contingenza.
C’è il pericolo che il pubblico non comprenda subito che il protagonista della parte animata sia lo stesso Alberto da adulto, il che è forse è rischio maggiore del presentarlo in una platea più ampia. Ciò non influisce però sulla potenza delle immagini, in entrambi i generi del cinema; specie quando Alberto, nella sua forma animata, vede un orologio luminoso passare accanto al suo finestrino, immerso nel mare più profondo, ricordandogli, e ricordando a chi vede, del suo amico d’infanzia.

L’atmosfera si fa cupa. Le strutture che una volta formavano città sono quasi del tutto sommerse. Gli allevamenti non ci sono più. Le distese di terra sparite. Passando sotto l’acqua, il treno sfiora le barche affondate molto prima, quelle stesse barche che ricordano la perdita di umanità che c’è stata ancora una volta nella storia dell’uomo. Il treno è un mezzo più che adatto per allacciare due epoche e due mondi differenti, toccando tutte quelle allegorie che purtroppo simboleggiano la situazione attuale: i barconi affondati, che rappresentano tutte le vite umane spezzate, e l’acqua, che distrugge e porta via ogni cosa in risposta alla sofferenza che l’uomo continua a infliggere alla Terra; tutto per colpa della burocrazia e della politica mondiali.

 

 

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