La programmazione di Fuori Orario dal 10 al 16 gennaio

Dal Faust di Sokurov a Olimpia agli amici di Aprà passando per la “saudade di Gianni Amico” e Cancer di Glauber Rocha. La programmazione di Fuori Orario da stanotte a sabato 16

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Come utilizzare l’AI per l’insegnamento, corso online dal 4 ottobre

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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO DI SENTIERI SELVAGGI

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Venerdì 10 gennaio dalle 2.45 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta 

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KIM KI-DUK: LA MONOGRAFIA DEFINITIVA!

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IDENTIFICARE LE VARIABILI (5) 

a cura di Simona Fina

FAUST                                                         

(Id., Russia, 2011, col., dur., 133’43)

Regia: Aleksandr Sokurov

Con: Johannes Zeiler, Anton Adasinskij, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla

Leone d’oro alla 68° edizione del Festival del Cinema di Venezia nel 2011

Con il Faust Sokurov incorona la sua sequenza di film dedicati alle figure del potere: Adolf Hitler in Moloch (1999), Lenin in Taurus (2000) e Hiroito in Il Sole (2005). Tre personaggi della storia e uno della finzione che sembra coprire tutti gli altri con la sua storia scritta nell’inconscio collettivo dell’umanità, Faust è una figura eterna. Il mito di Faust sembra quasi un passaggio obbligatorio per Sokurov, necessario a completare la sua riflessione sulla ricerca del potere. È quindi un concetto, un’idea, più della letteralità del testo di Goethe che guida la mano di Sokurov. Si trattava di trasmettere la storia quasi fisicamente allo spettatore. L’apertura del film con la dissezione di un corpo umano è cruda, quasi insopportabile. Faust cerca nell’intestino la saggezza per cui è disposto a pagare. Non a caso, in questa versione, la figura di Mefistofele si incarna in un usuraio. Il Faust di Sokurov è un  anonimo guidato da istinti semplici: fame, avidità, lussuria. Progetti sconvolgenti nascono nello spazio angusto e ristretto dove si affaccenda nella vita quotidiana,  in uno stato di  patologica infelicità. È un pensatore, un  veicolo d’ idee, un trasmettitore di parole che lancia la sua sfida: “Perché rimanere nel presente se si può andare oltre?”. Spingersi sempre più in  là senza rendersi conto che il tempo si è fermato. «Il Faust di Goethe è un’opera terrificante per la sua chiarezza, la sua preveggenza. Leggendolo si prova un fremito, è un’opera che sicuramente mi genera una certa angoscia.  Il film è l’opera di un regista russo, non tedesco, il mio Faust è più oscuro, più buio di quello di Goethe. Io lo vedo vicino a un personaggio di Gogol. Nel libro Faust è un mito, una “fabbrica” di pensiero che “produce” senza mai smettere, nel film invece lo vediamo mangiare, bere,  muoversi, vivere. Per poterlo vedere, per poterlo  immaginare  realmente,  diventa determinante parlare del corpo. Si tratta sempre e ancora del discorso del corpo. Il pensiero da solo non esiste, esiste anche il corpo, e in questo caso particolare ciò significa dare un corpo a Faust. I quadri di Albrecht  Altdorfer, di Carl Spitzweg, la pittura tedesca di quell’epoca, mi hanno aiutato ad amplificare il significante di Faust.» (Aleksandr Sokurov)

 

Venerdì 15 gennaio dalle 1.05  alle 6.00

SAUDADE DE GIANNI AMICO

APPUNTI, RITORNI, AFFINITA’ ELETTIVE (8)

a cura di Fulvio Baglivi

LA STAGIONE DELLE AFFINITA’ ELETTIVE: INCONTRO CON ROBERTO PERPIGNANI

(Italia, 2021, colore , 145’ circa)

A cura di Fulvio Baglivi

Roberto Perpignani, che a venti anni fu scelto da Orson Welles come assistente al montaggio, ha conosciuto Gianni Amico mentre montava Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, in seguito ha montato la maggior parte dei suoi lavori da Noi insitiamo! a Tropici, Le cinque stagioni e Le affinità elettive, così come Appunti per un film sul Jazz e i programmi Rai sul Brasile. Il suo lavoro con i maggiori autori degli anni ’60 cambia le regole del montaggio in Italia e lo libera dagli schemi del cinema industriale. Come Bertolucci e Amico Perpignani segna come pochi altri il Nuovo Cinema italiano, basti pensare alla Palma d’oro vinta a Cannes con Padre Padrone dei fratelli Taviani.

NOI INSISTIAMO! SUITE PER LA LIBERTA’ SUBITO         

(Italia, 1964, b/n, 16’)

Regia: Gianni Amico

La messa in immagini, fotografie della storia degli afroamericani, del disco We Insist – Freedom Now Suite di Max Roach. “…vincitore del primo premio al Festival di Locarno,  è il film di un bianco sui negri, un bianco cosciente di esserlo e che non finge di essere negro. Voglio dire che l’atteggiamento, ideologico e sentimentale di Amico sfugge l’ipocrisia paternalistica o la finzione pietistica. Sottolineando il distacco ontologico dall’argomento trattato (“siate liberi, siate felici”) Amico si mette in condizione di stabilire, finalmente, un discorso dove altri, (troppi altri) si sono contentati del lamento”. (Adriano Aprà, Filmcritica n. 162, novembre 1965).

 

APPUNTI PER UN FILM SUL JAZZ      

(Italia, 1965, b/n, 35’)

Regia: Gianni Amico

Girato in 16mm al Festival Internazionale del Jazz di Bologna nel 1965 con musicisti come Gato Barbieri, Don Cherry, Jenny Clark Appunti per un film sul jazz è un film con uno stile unico e secondo Enrico Rava “il film sul jazz più vero e appassionato che abbia mai visto”. Costruito come una jam session, diviso in capitoli, passa tra prove, concerti ma anche una giornata al luna park, inizia e termina alla stazione sottolineando il sentimento dell’amicizia e il viaggio e l’incontro tra le persone come momento in cui l’amore per il cinema e la musica si concretizzano.

 

PRIMA PAGINA N. 38: GIOVANI BRASILIANI

(Italia, 1965, b/n, 48’)

Regia: Gianni Amico

Trasmesso l’11 febbraio del 1967 su Raiuno è un “riassunto” dell’enorme lavoro sul Brasile, le sue genti, la sua musica realizzato da Gianni Amico nella seconda metà degli anni ’60. Tra questi ci sono le tre ore sulla musica brasiliana andate in onda in tre puntate col titolo Ritmo di Brasil (che purtroppo non è stato possibile mandare in onda per questioni di diritti) e il documentario Ah! Vem o Samba che risulta perduto, oltre a Tropici.

 

CANCER                                                

(id., Brasile/Italia, 1968-72, b/n, 84’)

Regia: Glauber Rocha

Con: Odete Lara, Hugo Carvana

Tre personaggi discutono della violenza psicologica, sessuale e razziale in 27 piani sequenza. Improvvisato nel 1968, girato in 4 giorni e montato 4 anni dopo per la RAI per la serie Programmi Sperimentali per la TV.

Il rapporto tra Glauber Rocha e l’Italia nasce e ruota intorno a Gianni Amico, che proiettò per primo i suoi film prima a Santa Margherita Ligure e poi a Pesaro, sceneggiarono insieme Der Leone Have Sept Cabeças e dagli anni ’60 condivisero amicizie, case, cinema, musica, visioni.

 

Sabato 16 gennaio dalle 1.40 alle 6.30 

SAUDADE DE GIANNI AMICO

APPUNTI, RITORNI, AFFINITA’ ELETTIV(9)

a cura di Fulvio Baglivi

 

CINEMA DELLA REALTA’      

(Italia, 1969, b/n, 48’)

Regia: Gianni Amico

Prodotto da Gian Vittorio Baldi, è un film che mette a confronto più generazioni di registi che hanno segnato il cinema italiano. Dai ricordi, le considerazioni e rimpianti della stagione del neorealismo a Pasolini sul set di Uccellacci e uccellini, da Rossellini e De Sica a Moravia e Zavattini fino a Bertolucci e Bellocchio, Gianni Amico raccoglie pensieri e parole che si interrogano sul cinema e quindi la vita.

 

TROPICI                          

(Brasile/Italia 1968, b/n, 81′, versione italiana)

Regia:  Gianni Amico

Con: Joel Barcelos (Miguel), Janira Santiago (Maria), Antonio Pitanga (il mulatto), Graciete Campos (Graciete), Batista Campos (Batista).

Il viaggio, a piedi e in camion, dal Nordest del Brasile fino a Recife, sull’Atlantico, e poi a São Paulo di una famiglia di salariati agricoli, composta da padre, madre e due piccoli figli, alla disperata ricerca di lavoro. “È la storia di un gruppo di persone che passano dalla schiavitù al capitalismo internazionale”. (G. Amico).

OLIMPIA AGLI AMICI             

(Italia, 1970, col., dur., 72’38’’)

Regia: Adriano Aprà

Con: Olimpia Carlisi, Pier Luigi Aprà, Maria Pia De Cenzo

Ricostruzione semi-documentaria della tragedia riguardante il secondo conflitto mondiale letto in trasparenza al volto e al corpo di Olimpia Carlisi. L’attrice è lo specchio in cui va a riflettersi la tragedia bellica della guerra conclusasi nel 1945. Esordio alla regia dello studioso Adriano Aprà che porta sullo schermo una storia in parte autobiografica con la sua visione del cinema e i suoi riferimenti autoriali, Dreyer, Renoir e Rossellini su tutti.

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