Backstage, di Afef Ben Mahmoud e Khalil Benkirane

Un dietro le quinte che si trasforma in un road movie e in una danza che trova il suo senso di esistere nella natura. Presentato alle Giornata degli Autori a Venezia80, e a Roma al MedFIlm Festival

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Inizia e finisce con una danza, un movimento continuo di corpi che si sfiorano e arrivano a toccarsi, a volte anche a farsi del male, ma si sa, the show must go on. Ed è proprio durante uno spettacolo che un’attrice rimane ferita, scatenando una serie di eventi che si svolgono nel corso di una lunga notte di pellegrinaggio attraverso una foresta sull’Atlante, sulla strada per raggiungere il dottore del villaggio più vicino. Il film è il tentativo di trovare un equilibrio tra movimento e staticità.
Mahmoud e Benkirane portano avanti una regia composta da movimenti, di riprese lunghe che delineano il tempo, l’attesa e la scoperta del proprio io. Il film inizia con una sequenza di danza e anche dopo quel momento gli attori continuano a danzare con la camera. Una coreografia che non ha solo una finalità artistica di tramettere qualcosa agli spettatori ma che ha anche la volontà di illuminare le ombre dei volti dei personaggi. Si passa dalla luce intensa del palco verso l’oscurità della notte per poi gradualmente ritornare alla luce. Ma con un nuovo ordine stabilito. Lo spettatore li vede rinascere o ridefinirsi.

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Un film sul dietro le quinte molto distante dai classici Effetto notte, Rumori fuori scena o al recente Making of. Lo spettacolo teatrale diventa quasi un MacGuffin che da incipit arriva ad essere l’esito, il risultato di una connessione tra i personaggi che finalmente si realizza, e la foresta diventa il palcoscenico dove gli attori eseguono una danza catartica. Una riflessione sullo spettacolo, sul palcoscenico a cui se ne aggiunge una sul rispetto dell’ambiente. La foresta come luogo di costruzione di un’identità in simbiosi con il palcoscenico della natura, da replicare poi infine in quello teatrale.
Dopo questa notte di riflessione rimane però poco tempo di affezionarsi alle vicende appena accennate dei personaggi e rischia di rimanere solo il ricordo di una bella coreografia ma senza una reale connessione con la storia. E così l’abbraccio che la natura fa ai personaggi è in realtà una pallida carezza.

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