Da Ghali a Simba la Rue: fenomenologia del Maranza

Ghali è pronto a conquistare il palco dell’Ariston a partire da stasera. Per strada il suo verbo ha “figliato” i vari Simba la Rue, RondodaSosa, Shiva: di cosa parliamo quando parliamo di “maranza”

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Sono nel tunnel (Sono nel tunnel)

Sangue freddo, sembro fatto di Subutex

Sono nel Matrix (Sono nel Matrix)

 Simba la Rue, Tunnel (2024) 

Lo scorso 5 gennaio è uscito Tunnel, il primo album in studio di Simba La Rue, al secolo Mohamed Lamine, artista classe 2002, tra i principali esponenti della Gen Z nella nuova scena rap italiana. Insieme a RondodaSosa, Baby Gang, Sacky, Artie 5ive, Neima Ezza, Keta e tanti altri rappresentano una nuova generazione di rapper, tutti nati oltre il 2000, che si sta imponendo all’interno del mercato discografico italiano. Ulteriore prova di un fenomeno sempre più preponderante nell’industria musicale nostrana è la presenza di Ghali in concorso al settantaquattresimo Festival di Sanremo che inizia oggi. L’artista italiano di origini tunisine, classe 1993, in gara con il brano Casa Mia, è sicuramente uno dei “padri putativi”, nonostante la sua giovane età, della nuova leva dell’hip hop italiano (basti pensare ai successi del 2016 Dende, Willy Willy e Ninna Nanna che aprirono le porte del mainstream alla musica Trap in Italia).

Non si tratta, però, di analizzare il talento artistico, o presunto tale, di questi ragazzi. La loro fama, d’altronde, si è costruita anche grazie a note vicende giudiziarie che li hanno coinvolti, permettendo all’opinione pubblica, istigata da una parte della politica, di legare indissolubilmente la loro immagine, il pubblico a cui sono legati e che ad essi si ispira al concetto di criminale. È necessario, invece, impostare una riflessione sul fenomeno mediatico associato a questi personaggi, che in parte ha contribuito a codificare l’immagine e la conseguente narrazione di quella che, volente o nolente, da “meme” si traduce in una vera e propria categoria sociale: il Maranza.

Secondo l’Accademia della Crusca, la terminologia “Maranza” ripresa nel linguaggio parlato e da alcuni quotidiani con l’accezione dispregiativa di “tamarro, coatto” esiste da tempo. Già negli anni Ottanta alcuni quotidiani utilizzavano il termine legandolo al mondo della musica dance e dei locali notturni. Anche Jovanotti, nel 1989, si auto definiva un maranza.

Oggi il termine è diventato un hashtag, un trend, un meme che spopola da qualche anno su Tik Tok, Instagram, YouTube e Twitch, infiniti universi in grado di costruire una pseudo categoria kantiana, sviluppando un dialogo incessante tra la dimensione social e la strada, o “la rue” come direbbe Simba. Maranza è ormai un’espressione dalle caratteristiche linguistiche fortemente icastiche, in grado di formare nella nostra mente un identikit visivo più o meno elaborato del personaggio di cui stiamo parlando. Maschio, under 25, vestito spesso total black: cappellino a visiera nero, tuta sportiva di una squadra di calcio, scarpe Nike TN e, se fa freddo, piumino Blauer in nylon lucido. Come poi dimenticare il mitico borsello di marca da portare a tracolla? L’immagine costruita via social, è presto detto, ha una marcata connotazione ironica, in cui la “moda” non è solo strumento di identità generazionale ma anche mezzo di autoironia. Pensiamo ai miliardi di contenuti legati allo “stile di vita Maranza”, che spopolano con cadenza settimanale su Tik Tok o Instagram.

Da qualche giorno è il turno del trend de “il fresco di zona” un ragazzino di 13 anni, in tuta black che in un’intervista dalla dubbia autenticità litiga con i suoi amici su chi “spacchi di più” tra i rapper milanesi RondodaSosa e Shiva. Il fresco di zona è diventato virale nel giro di qualche giorno, e il trend è stato ripreso e riproposto in molteplici formati. Persino Netflix Italia, per sponsorizzare Berlino, lo spin-off de La Casa di Carta, ha riproposto il contenuto in un’intervista social al cast. Ma lo stesso personaggio de Il fresco di zona si è creato un vero e proprio universo narrativo a sé stante in cui compare all’interno di profili e trend diversi su Tik Tok o addirittura su Youtube nell’ultimo videoclip de Il pagante featuring Villabanks: Spingere.

Scorrendo il proprio feed di questi social capita spesso e volentieri di imbattersi in trend legati all’universo memetico del Maranza in cui risaltano, ad esempio, il format dello Sturdy (un ballo hip hop importato in Europa dal Woo Walk made in USA), di balli improvvisati sulle note di canzoni trap francesi diventate virali, fino ad arrivare ai test di fedeltà tra amiche del content creator, appena arrestato, bebetouchè (i contenuti sono palesemente recitati, ma in un certo senso affascinanti nella ripetizione ossessiva delle stesse dinamiche narrative). In questi universi di tendenze, musica, streetwear e dinamiche relazionali, il minimo comune denominatore è sempre e comunque la strada. Chi consuma questi contenuti si accorgerà subito che il 99% dei video è girato tra le vie di Milano, Brescia, Palermo, Torino, Roma e tanti altri nuclei urbani, più o meno abitati, del Nord, Centro e Sud Italia. In questo senso, è fondamentale chiarire come ad un fenomeno così mutevole e impenetrabile sui social corrisponda una rappresentazione fenomenologica precisa, stereotipata che viene riconosciuta ed etichettata nella quotidianità.

Il Maranza incarna, di fatto, un’ulteriore esperienza sensibile, sulla cui immagine grava una copertura mediatica e un atteggiamento politico, spesso paternalistico e giudicante, amplificato dai fatti di giugno 2022, quando il “ritrovo Maranza” come è stato definito dalla stampa nostrana, causò grandi disagi sulle spiagge di Castelnuovo del Garda. Da quel momento, si è inasprita la campagna di narrazione mediatica da parte di stampa, politica e pagine social di costruzione del “criminale”, definendone implicitamente le caratteristiche con una forte impronta razzista (questi ragazzi sono spesso italiani di seconda generazione, nati in famiglie originarie di Marocco e Tunisia). Lo scontro aperto si combatte a colpi di daspo, contenuti social su pagine come milanobelladadio, oppure ospitate nei programmi sulle reti nazionali in cui questi ragazzi vengono esposti alla gogna mediatica, catechizzati e talvolta offesi dagli ospiti in studio. Ma ci sono gli spazi anche per un impegno politico e sociale del fenomeno Maranza sui social: pensiamo alla pagina Instagram Fronte maranza per la liberazione della Palestina (quasi 10k followers) o l’istituzione di una borsa di studio da parte di RondodaSosa e Artie Five in due scuole milanesi.

Così, si torna al Matrix evocato (anche visivamente nel videoclip) dal pezzo di Simba La Rue. Ecco, è come se esistesse una duplice realtà speculare: i social da una parte e la vita quotidiana dall’altra. L’una che alimenta e distorce la struttura narrativa del termine Maranza innescata dall’altra. È in questo continuo sconfinamento tra i bordi sempre più labili di diverse realtà che si sviluppa la fenomenologia del Maranza.

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