Madame Luna, di Daniel Espinosa

L’ambiguità morale della protagonista sorprende il suo stesso regista: quando non la giudica, dirige un bel film sul malaffare della migrazione; quando la condanna gira uno scontato neo-noir

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Almaz (Meninet Abraha Teferi) è una giovane donna eritrea che si trova attualmente ospitata in una casa d’accoglienza per migranti a Lamezia Terme. Rispetto ai compagni di fuga, la sua storia passata e le sue azioni presenti sono avvolte nel mistero: cerca infatti di sfuggire più volte ai controlli delle forze dell’ordine e intavola di nascosto telefonate con un interlocutore che la ragguaglia su un racket ancora attivo in Libia. Nel frattempo, alla prese con la vita del centro, il carattere forte e il plurilinguismo le consentono di attirare le attenzioni di Nunzia (Claudia Potenza) e Pino (Emanuele Vicorito), gestori della cooperativa che approfittano dei richiedenti asilo per aumentare gli introiti delle loro losche attività. Senza batter ciglio, Almaz diventa caporale della manovalanza che per tre euro l’ora lavora nei campi degli agricoltori di zona e con acume truffaldino cerca di entrare nella ben più danarosa speculazione edilizia che i due imprenditori stanno preparando. Ma l’incontro/scontro con Eli (Hilyam Weldemichael), una profuga del centro che conosce la sua passata identità, la costringerà a rivedere le sue priorità e mostrerà quanto gli incubi di cadaveri che galleggiano l’abbiano segnata …

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Madame Luna è un film umorale quasi quanto la sua protagonista, un lungometraggio che sembra assecondare fin troppo liberamente il personalismo della protagonista perdendo di vista un discorso filmico che avrebbe giovato di una maggiore compattezza, soprattutto sul finale. Peccato perché Espinosa per la prima parte riesce a mantenere costantemente alta la tensione thriller: Almaz è Madame Luna? O Madame Luna è Almaz? Le domande sull’identità della protagonista rimangono infatti felicemente inevase per buona parte della pellicola, contribuendo fino a quel momento ad una sanissima indecifrabilità di fondo. Come un profugo che non è soltanto il dramma da cui fugge, la violenza che ha subito, la morte a cui è sfuggito, Almaz è stata Madame Luna, lo è ancora in parte e potrebbe esserlo in futuro. Come spettatori veniamo quindi sferzati dalle contraddizioni della ragazza ma come lei non ne veniamo schiacciati.

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La scrittura di Maurizio Braucci, uno degli sceneggiatori di punta del nostro cinema e già autore di script legati in vario modo a questi temi, si serve della storia vera alla base del film per indicare con chiarezza il malaffare e le connivenze legate al sistema, a maglie larghissime, dell’accoglienza dei migranti. Dal punto di vista della denuncia civile non c’è infatti nulla da eccepire: gli ampi fondi UE sommati a quelli statali, riassunti dalla vulgata popolare (che il film giustamente non manca di far notare in una linea di dialogo) nell’abborracciata formula “trentacinque euro a migrante”, vengono usati dai gestori della casa di Lamezia Terme solo in minima parte per dare un rifugio ai profughi mentre il resto viene dirottato, attraverso prestanome cooptati, in illecite operazioni finanziarie. Espinosa è bravo per quasi tutta la durata del film ad evitare di sottolineare con enfasi queste dinamiche delinquenziali lasciando piuttosto che emergano dallo sfondo dal sempre maggior coinvolgimento personale di Almaz. Ma una volta aver attraversato la terra di mezzo, per citare un altro preclaro caso di grigia malversazione, di questo business il film si compiace di aver assolto al suo compito etico e si lascia tentare dalla risoluzione neo-noir della vicenda della ragazza. Così Madame Luna in pochi minuti finisce per perdere la quieta forza derivante dalla simpatetica unione della sempre urticante scrittura di Braucci e la cristallina regia dello svedese-cileno Espinosa arrivando ad una resa dei conti anti-eroica di cui non si avvertiva l’urgenza. E non basta a dare chiusura poetica alla storia un albeggiare sul cimitero d’acqua che è il Mediterraneo di quella che nel frattempo è diventata la nuova protagonista, in un passaggio di consegne scontato che può piacere solo a chi ha la coscienza pulita perché non l’ha mai usata.

 

Regia: Daniel Espinosa
Interpreti: Meninet Abraha Teferi, Hilyam Weldemichael, Claudia Potenza, Emanuele Vicorito, Luca Massaro
Distribuzione: Europictures
Durata: 115′
Origine: Italia, Svezia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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