Epidemic, di Lars von Trier

Nel secondo capitolo della trilogia europea, il regista danese si diverte ad immaginare l’ideazione di un film come un contagio accidentale che infetta chiunque ne venga toccato.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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C’è una scena in Epidemic, il secondo film di Lars von Trier datato 1987 che arriva in sala dopo L’elemento del crimine, che rende manifesto ciò che era sospettabile anche ai viaggiatori occasionali della lubrica mente del regista danese. Il processo creativo con cui il cineasta, qui anche interprete come faceva spesso nella prima parte della carriera, affronta i suoi lavori è splendidamente racchiuso nella pianificazione del film che si trova a dover inventare da capo dopo la perdita fortuita dell’originale Il commissario e la puttana. Lars von Trier ed il suo collaboratore Niels Vørsel stanno davanti una parete cercando di redigere in cinque giorni – che diventano i capitoli stessi del lungometraggio, in una delle tante blande scelte di scrittura che come sempre oscillano tra approssimazione e provocazione – una sceneggiatura da consegnare al produttore che aveva commissionato loro l’originale smarrito. Di fronte al grezzo piano di lavorazione che marchia il muro, von Trier parte dai pochissimi punti fermi a cui i due sono giunti per allargarli in un discorso che “all’apparenza” si mostra davvero densissimo. Eppure di fronte a concetti che sembrano gemmare naturalmente dall’epidemia immaginata – che è sì il fil rouge di questo film ma non così profeticamente come scrivono i peones della critica: di contagi pandemici il mondo ha esperienza millenaria, come d’altronde ricordato dallo stesso regista su schermo durante la sua fase di ricerca – non si può non avvertire una certa sensazione di arbitrarietà culturale: che cosa c’entra la sempiterna Overture del Tannhäuser di wagneriana memoria con il richiamo mistico del contagio e l’immancabile palla in tribuna dell’accenno biblico?

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Epidemic, pur essendo chiaramente un’opera sperimentale nella sua commistione tra realtà e finzione (di nuovo la banalità del tema e dello svolgimento a pezzi accatastati), è quindi un lungometraggio che contiene e rilancia la legione di pregi/difetti della filmografia del suo autore. Se la grana ruvida del 16mm delle scene fintamente documentali si alterna all’elegante 35mm del film immaginato come fosse una pellicola degli amati Dreyer e Tarkovskij, dal punto di vista del pensiero siamo di fronte ad alcune delle ispirazioni che, seppur in forma embrionale, rappresentano probabilmente i vertici raggiunti da von Trier. L’idea che il cinema sia così prossimo alla virulenza da condividerne gli aspetti più orrorifici che, in una mise en abyme straordinaria, visivamente sono proprio quelli del grande schermo che conosciamo da un secolo, avrebbe meritato più spazio rispetto, magari, alle elucubrazioni poco originali che vertono sul dentifricio Signal e alle modeste citazioni scorsesiane. Così come il marchio del film “Epidemic” e il simbolo del copyright in rosso che segnano in alto a sinistra tutto il film diventano una mascalzonata meno ingenua di quello che può sembrare: e se anche la malattia epidemica rivendicasse il suo diritto alla commercializzazione? Ecco allora che il delirante finale, in cui il morbo inseguito finzionalmente dal dottor Mesmer si concretizza realmente nella seduta ipnotica (qui un applauso però a von Trier va fatto spassionatamente per l’acutezza del risvolto e del rimando) evocata a suggello del ricercato fallimento di una sceneggiatura di 12 pagine, sembra davvero una minaccia rivolta ai spesso poco illuminati produttori: non cercate sempre l’azione e la morte da un film perché queste un giorno potrebbero davvero arrivare in forme e modi imprevisti. Come un’epidemia o come nel film originale Il commissario e la puttana che, è facile prevedere, sarebbe stato un bubbone marcescente che avrebbe fatto sanguinare ancor di più il corpo di genere e degenere della settima arte.

 

Titolo originale: id.
Regia: Lars von Trier
Interpreti: Lars von Trier, Niels Vørsel, Colin Gilder, Allan De Waal, Ole Ernst, Michael Gelting, Svend Ali Hamann, Ib Hansen, Udo Kier, Gitte Lind
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 106′
Origine: Danimarca, 1987

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
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