It Ends with Us. Siamo noi a dire basta, di Justin Baldoni

L’Harmony film definitivo: messaggio progressista debole e in ritardissimo sui tempi, sesso evocato e mai mostrato, romanticismo da the in salotti ottocenteschi. Una soap-opera indifendibile.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Il primo ragazzo con cui ho fatto sesso era un senzatetto“. Il segreto che Lily Bloom (rispetto ai suoi ventennali standard modellistici una quasi chubby Blake Lively, indubbiamente la parte migliore del film) confessa, dopo cinque minuti di un flirt caricato a pallettoni con sex-appeal alla Cinquanta sfumature di grigio, all’aitante Ryle (Justin Baldoni, muscoloso co-protagonista ma purtroppo floscio regista) è il punto nodale con cui affrontare la visione di It Ends with Us. Siamo noi a dire basta, basato sull’omonimo romanzo di Colleen Hoover. Di fronte alla rivelazione che dovrebbe scioccare l’interlocutore coi capelli impomatati e, di converso, gli spettatori, bisogna prendere subito posizione: o si accettano questi melodrammatici drammi di bassa lega come intrinseci al romance di due ore e dieci minuti (troppi!) o li si studia asetticamente con la lente dell’ entomologo badando a non giudicare troppo criticamente la cascata di svolte Harmony che si abbatteranno sul prosieguo del rapporto amoroso tra i due patinati protagonisti. “Voglio fare sesso con te“, detto a labbra strette come un adolescente serioso e col viso in primissimo piano – quasi mai un primo piano, solo queste strette della mdp su facce che però non sembrano toccate dalle rispettive tragedie – dovrebbe annunciare, insieme ad altri evidenti indizi, la coercizione che comporta un simile annuncio scoccato al primo fortuito incontro. Ed invece l’ingenua fioraia in meno di dieci minuti si fa accalappiare dal neurochirurgo donnaiolo che però, allo stesso tempo, per dare un alone d’ombrosità selvaggia che non guasta mai, scalcia una sedia per non essere riuscito a salvare un bambino di sei anni dalla morte. Dopo una prima fase amichevole del loro rapporto – “Quindi saremo solo amici?“, “Ti penso, amica” e altre smancerie del genere – i due si frequentano “seriamente” e, una volta accertata la rispettiva propensione all’unione istituzionale, giungono a sposarsi e metter su prole. Ma il passato che, piano piano, si paleserà con flashback chiarificatori, darà il modo di scoprire perché Lily all’elogio funebre del padre non avesse trovato nemmeno un suo pregio da dare in pasto all’uditorio e soprattutto getterà luce sulla violenza che minaccia di segnare anche il suo apparantemente perfetto matrimonio…

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It Ends with Us. Siamo noi a dire basta, più che un film in dialogo coi propri tempi, sembra un prodotto audiovisivo girato con la mano sinistra da un regista che vuole compiacere una commissione parlamentare di inchiesta sulla violenza di genere. In una Boston upper class così vacua che sembra uno dei tanti set dell’immortale Beautiful o che si potrebbe confondere con una New York più facile da esportare sui mercati esteri, Baldoni ammicca inizialmente all’erotismo soft di genere con dialoghi che preannunciano una forte intesa sessuale, salvo non mantenere le attese e ripiegare sul più comodo e scontato romanticismo. Il triangolo che prevede anche il fortunoso ritorno di Atlas (lo sprecato Brandon Sklenar) funziona da detonatore della vicenda, arrivando a mostrare come i maltrattamenti domestici possano tornare ad angustiare chi non fa i conti con essi in maniera netta. Ma l’alternanza tra passato e presente è giocata troppo meccanicamente e non riesce, nei pur sparpagliati accenni che esistono e che probabilmente sono più sviluppati nel libro originale, a rendere intollerabile per lo spettatore la violenza di genere che funesta la famiglia d’appartenenza e quella che adesso ha scelto per sè la protagonista Lily Bloom. It Ends with Us. Siamo noi a dire basta si accontenta allora di avere un titolo ed un messaggio progressista che potrebbe essere lo slogan di una campagna femminista buono per le mondine italiane del 1924 e non per un’imprenditrice statunitense del 2024. E che è, forse il più imperdonabile dei vulnus di una pellicola per larghi tratti indifendibile, così tanto sconnesso dai nostri tempi da scritturare il buon Hasan Minhaj in un ruolo di servizio che confonde la chiacchiera brillante dell’autore di Patriota indesiderato con la genericissima ciarleria del generico self-made man che qui interpreta.

 

Titolo originale: It End with Us
Regia: Justin Baldoni
Interpreti: Blake Lively, Justin Baldoni, Jenny Slate, Hasan Minhaj, Amy Morton, Brandon Sklenar, Kevin McKidd, Amy Morton, Alex Neustaedter, Isabela Ferrer, Robert Cohessy, Robin S. Walker, Emily Baldoni, Adam Mondschein, Caroline Siegrist, Robyn Lively, Megan Robinson
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 130′
Origine: USA, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.5
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Il voto dei lettori
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