Sulla terra leggeri, di Sara Fgaier

Riuscito film d’esordio sull’oblio di un amore impossibile da dimenticare, con un’ottima fotografia e delle atmosfere registrate sui toni della memoria. LOCARNO77. Concorso

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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L’amore è un elevarsi e precipitare, permette di toccare le vette più alte, di realizzare una felicità assoluta sempre in pericolo di sgretolarsi, una voragine da cui si allontana in ogni piccolo momento di gioia. La morte della moglie fa cadere Gian, un anziano professore universitario, in quell’oblio, una amnesia temporanea dissociativa che gli impedisce di ricordare e neanche la presenza di una figlia premurosa sembra sufficiente a farlo ritornare alla realtà. Quel disorientamento per lui sarà l’inizio di un viaggio, fino al 1983, guardando delle foto sgualcite o leggendo le parole di un diario che lo riportano indietro nel tempo fino al principio del suo amore per Leila, una giovane aviatrice. Pagina dopo pagina la sua mente mette a fuoco qualche piccolo particolare, la spiaggia ed il mare, una rottura quasi definitiva, ombre e chiaroscuri che la fotografia di Alberto Fasulo sottolinea perfettamente, rappresentazione di un’ellissi tra fermalibri, note e ritagli di un’esistenza andata perduta.

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La fragilità del lutto viene restituita dai silenzi, che si accompagna al rifiuto di un mondo ormai intollerabile. Poi la musica si apre grazie ai lampi di memoria sui momenti di entusiasmo e di sconforto a volte in maniera esornativa. Sulla terra leggeri è una storia interrotta, una delle tante che la morte coglie di sorpresa anche quando la malattia appare minacciosa all’orizzonte. Una storia di assenza e di fantasmi nascosti negli angoli delle case, nei posti che richiamano uno sguardo, perduto ad osservare il Mediterraneo o un remoto villaggio in Tunisia mentre gli ancestrali rituali lottano contro gli spiriti maligni con i canti e le danze. Il film restituisce bene l’atmosfera di vuoto, nel tracciare un cerchio inesorabile di dolore in una luce dimessa, i baci cancellati insieme a qualcosa che non si può dimenticare, un abbraccio, la cura e la tenerezza di una mano, ed un’angoscia necessaria ma eccessiva. Una continua messa a fuoco si serve dei colori, dal bianco dei colombi all’arrivo dell’alba tra gli scogli, nel ricostruire pezzo per pezzo quel volto mancante, depistata da incontri casuali, passioni fugaci, deviazioni. La voce narrante analogica spinge il passato fino alle soglie del palcoscenico, lascia andare le maschere al suolo con una lenta progressione, e nello svelamento riscrive il tragitto di un sogno ad occhi aperti. Per l’italo tunisina Sara Fgaier si tratta del primo lungometraggio come regista dopo i suoi lavori come produttrice e montatrice.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
3.75 (4 voti)
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