And Then We Danced, di Levan Akin

Una storia d’amore raccontata con garbo e delicatezza, che sa dove guardare (in primis al cinema senza peso di Guadagnino) ma forse ancora troppo acerba per affondare davvero nella materia del melò

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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È come al solito un cinema che ragiona di diaspore e radici, quello dello svedese (ma di origini georgiane) Levan Akin, puntellato di personaggi che si interrogano sulla loro identità profonda a contatto con contesti caotici, che quei tratti identitari li mettono in crisi, li riscrivono.

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Forse tutto il discorso inizia in questo And Then We Danced, suo secondo film, che esce nel 2019 e che arriva da noi solo ora, un racconto di formazione con al centro la vicenda del giovane Merab, ballerino di Tblisi che un giorno conosce il collega Irakli e se ne innamora. Tra le prove della sua compagnia di danza tradizionale, il desiderio di eccellere oltre ogni limite, la passione che si trasforma in rivalità, Merab sarà costretto a fare i conti non solo con la società conservatrice in cui vive ma anche con i suoi desideri, che forse ha tenuto nascosti anche a sé stesso fino a questo momento.

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E forse questo scontro tra passato e presente, tra mondo interiore e spazio esterno si riverbera anche nella forma con cui Akin sceglie di raccontare la sua storia, nelle sequenze di danza che guardano al musical ripensato però attraverso la carnalità dello Chazelle di Whiplash ma soprattutto in un mood generale che guarda al modo in cui il cinema di Guadagnino racconta i giovani, quasi senza peso, fuori dal tempo.

And then we danced

And Then We Danced pare quasi una lunga dichiarazione d’amore a Chiamami col tuo nome, ma a tratti sembra addirittura profetizzare certe vertigini di We Are Who We Are, soprattutto nelle sequenze in cui i giovanissimi protagonisti sono più spensierat. Il problema, semmai, è che Levan Akin si adagia forse un po’ troppo suoi suoi riferimenti, quasi si aspettasse che certi dettagli, certi prelievi potessero reggere il film da soli. Ed è quasi un peccato, perché nelle poche volte in cui la regia lascia emergere davvero il suo sguardo lo fa in modi non scontati, scegliendosi sempre passaggi complessi da gestire, come le scene d’insieme raccontate con sinuosi movimenti di macchina.

Probabilmente è a suo modo prudente, Levan Akin, forse troppo, anche nei confronti dei suoi personaggi, a cui è evidentemente legatissimo, che rispetta, racconta con passione ma a cui raramente permette di entrare davvero in modo impattante sulla scena. È un po’ come se nel bel mezzo di quello scontro identitario che comunque nutre tutto il film, il racconto non riesce comunque mai ad allontanarsi troppo da “casa”, da un modo di sentire, di raccontare i sentimenti profondamente “autoctono”, gentile, pudico, ma forse troppo controllato.

Forse per questo i momenti più riusciti sono i quadretti domestici, che però, irrimediabilmente, finiscono per separare i personaggi. Quando li ritrova, quando cerca di costruire qualcosa insieme a loro, li fa comunicare soprattutto attraverso i corpi colti nella danza. Ma il film rimane sulla superficie e gli manca la grande energia del melò.

And Then We Danced si regge su un’affascinante costruzione, su una certa chiarezza progettuale ma probabilmente si porta dietro il peso di una regia che al secondo film è ancora acerba e fa fatica ad affondare il colpo nel vivo del racconto.

 

Titolo originale: id.
Regia: Levan Akin
Interpreti: Levan Gelbakhiani, Bachi Valishvili, Ana Javakishvili, Kakha Gogidze, Ana Makharadze, Nino Gabisonia, Levan Gabrava, Dachi Babunashvili, Saba Abashidze, Giorgi Aladashvili, Soso Abramishvili
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 113′
Origine: Svezia, Georgia, Francia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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