The Instigators, di Doug Liman

Un film mai davvero sbagliato ma raramente davvero sicuro della sua identità. Casey Affleck, anche sceneggiatore, la cerca nel regista ma raramente la trova. Su Apple TV+.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Si confronta con tutta una serie di fantasmi, Casey Affleck, che The Instigators, prima di interpretarlo, lo ha scritto. In primis la città di Boston, tentacolare, respingente, infetta di corruzione; poi Artist Equity, la casa di produzione che l’amico Matt Damon ha fondato con il fratello di Casey, Ben, e che qui entra in primo piano in termini di immaginario, che è poi quello classico della periferia di certa America, popolata di persone di buon cuore ma ridotte ai margini, stritolati da un presente che pare non avere un posto per loro.

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Ma forse tra le presenze c’è anche Soderbergh, se è vero che Murphy e Cobby, i due protagonisti, sembrano due fuoriusciti dalla banda di Danny Ocean anche se più disperati, costretti dagli eventi e dalla crisi a fare squadra al soldo di un gangster locale per rapinare un candidato sindaco dei soldi sporchi con cui ha finanziato fino a quel momento la sua campagna. Sarà, prevedibilmente, l’inizio della fine, tra fughe disperate dalla polizia, fortunosi ripari dai killer locali e tentativi maldestri di rimettere le cose a posto.

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E probabilmente non è un caso se i momenti migliori di The Instigators sono proprio quelli in cui ragiona come una sorta di figlio ribelle, caotico, in libera uscita, di quel cinema altrimenti rigoroso, di cui mutua certamente certe idee di montaggio e di ritmo, soprattutto nella prima parte, ma di cui si diverte a disinnescare, anche apertamente, certi clichè.

Ma The Instigators fatica, alla lunga, a gestire certi fantasmi. Forse la scrittura di Casey Affleck non è fatta davvero per seguire delle strade, per appoggiarsi a dei mentori, come tradisce già il modo in cui gestisce il suo personaggio, sempre centrato ma sempre, irrimediabilmente in campo, pietra di volta dell’intero racconto e di molte delle sue sequenze chiave. Come se qualsiasi elemento che possa perturbarne la presenza scenica fosse un disturbo, come se in essi si nascondesse il rischio di privare il film di spazio d’azione o lui di una voce riconoscibile.


Così il film scappa e sembra rifugiarsi nel cinema dei fratelli Coen, di cui però The Instigators sfiora ma non coglie appieno l’esistenzialismo, trattando quell’immaginario come il centro di un esercizio affettuoso ma sfuggente.

The Instigators non va mai davvero fuori strada ma pare sempre guardare dalla parte sbagliata, arrivare sempre un attimo prima o dopo il centro delle cose, forse non aiutato neanche da un Doug Liman più stanco del solito, davvero decisivo poche volte e per la maggior parte del tempo chiuso a lavorare sugli elementi ricorrenti del suo cinema, gli inseguimenti in macchina, l’action ritmata dell’ultimo atto, finendo per abbandonare i suoi protagonisti, raramente fuori fuoco ma a cui difficilmente riesce la vera zampata.

Forse The Instigators e Casey Affleck con lui stanno solo cercando di prendere tempo, come a cercare il coraggio di confrontarsi con l’unico fantasma che davvero conta: quello del cinema da regista di Ben Affleck, quello senza speranza, oscuro, forse inavvicinabile perché al fratello il tutto saprebbe di resa.

Eppure è proprio quando coglie quella disperazione, quello stupore tragico con cui delle persone in realtà normalissime guardano un mondo più grande di loro che rischia di soverchiarli, quando cattura lo sguardo perso dei protagonisti che il film spicca il volo. Peccato accada davvero poche volte.

Titolo originale: id.
Regia: Doug Liman
Interpreti: Matt Damon, Casey Affleck, Hong Chau, Michael Stuhlbarg, Paul Walter Hauser, Ving Rhames, Alfred Molina, Toby Jones, Jack Harlow, Ron Perlman, Jerry Kernion, Don DiPetta, Richie Moriarty
Distribuzione: Apple TV+
Durata: 101′
Origine: USA, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
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