Separated, di Errol Morris

Forte j’accuse sulla politica trumpiana di separazione delle famiglie di migranti che sconta l’istrionismo morale dei giusti ma frusta a dovere le coscienze. VENEZIA81. Fuori Concorso

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Anche Obama. Anche il primo Presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti, figlio di un economista keniota che visse negli Stati Uniti solo per qualche anno, ha avallato durante i suoi due mandati politiche fortemente restrittive contro la migrazione. Comincia con questo forte cazzotto al cuore dei progressisti di ogni risma il nuovo documentario di Errol Morris, Separated, che già durante i titoli di testa tiene a precisare come in realtà l’oggetto di questo suo nuovo lavoro vada ben al di là del barbaro caso esposto.

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Basato in larga parte sull’omonimo libro del giornalista e corrispondente per NBC News Jacob Soboroff – che compare naturalmente tra gli intervistati -, Separated esamina infatti le origini, l’impatto e le conseguenze della politica di separazione delle tante famiglie del Guatemala, El Salvador e Honduras che migrano negli Stati Uniti. Usato dapprima surrettiziamente nel 2017, il crudele deterrente è stato promulgato e difeso fino al marzo 2018 dalla presidenza di Donald Trump. Ma questa politica è stata anche la punta estrema, ben più del muro col Messico comunque ripreso con droni che insistono plasticamente sulla sua follia logistica, di quella “tolleranza zero” contro l’immigrazione illegale (“Una nazione senza confini non è una nazione“) che ha portato alla volontà scientifica di togliere i bambini ai genitori che osassero passare quei confini continuamente citati nei suoi stentorei comizi. Per mostrare questa aberrazione Morris si muove attraverso le due direttrici principali del documentario di oggi – che abbiamo provato a raccontare con la nostra Docusfera. Da una parte Separated infatti accumula testimonianze frontali di dirigenti ed amministratori coinvolti a vario titolo, porta graficamente su schermo le email e i rapporti ufficiali che svelano l’uso strumentale e pervicace di un’autorità nata per ben altro scopo come l’Ufficio per il reinserimento dei rifugiati. Dall’altra si avvale del doloroso viaggio finzionale del piccolo Diego e della mamma Gabriela per regalarci immagini e scene impressive di questi “orfani creati dallo Stato“. Immagini e scene forse eccessivamente cinematografiche ma come sempre le uniche possibili per far breccia nel cuore di una popolazione che giustamente Morris teme dormiente nel (probabilissimo) caso della riproposizione di questo incredibile atto di crudeltà democratica.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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