Vakhim, di Francesca Pirani

Un doc sul tema adozione dove la madre-regista riesce a mantenere un delicato equilibrio tra materiale di repertorio e riprese ex novo. VENEZIA81. Giornate degli Autori. Notti Veneziane

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Adottato in Cambogia all’età di quattro anni, Vakhim arriva in Italia nel 2008. Parla solo khmer e tutto intorno a lui è nuovo e sconosciuto. La madre adottiva (e regista) Francesca Pirani e suo marito decidono di documentare l’infanzia italiana di Vakhim con una videocamera per conservare alcuni ricordi inestimabili. Lo sguardo materno segue il bambino cercando di scrutarne i pensieri e i desideri. Un grande aiuto nella comprensione del passato del piccolo sarà il ritrovamento della sorella Maklin, anche lei adottata da una famiglia italiana. Gli anni passano e Vakhim è cresciuto, è diventato un ragazzo solare e spensierato, non ricorda più la lingua khmer, non ha idea dei paesi confinanti la Cambogia e si sta preparando per affrontare la maturità. Quando si presenta l’occasione per tornare al villaggio in cui è nato e conoscere la madre biologica, Vakhim non è del tutto convinto, al contrario della sorella. Il passato è passato, secondo lui, ma più passa il tempo e più capisce che conoscere le proprie origini è l’unico modo per pacificare il rapporto con la propria infanzia e finalmente maturare senza guardarsi indietro.

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Vakhim di Francesca Pirani non è un semplice documentario sul tema dell’adozione. Al centro del film c’è la memoria, a cominciare dalla grande quantità di filmati casalinghi girati dai genitori in cui si ha il privilegio di assistere alla nascita di una nuova famiglia. La memoria del bambino inizia a perdersi con gli anni. Dimentica la Cambogia, la lingua, la madre; forse è inevitabile, forse perdere quella parte di sé è l’unico modo per abbracciare la sua nuova famiglia e la sua nuova terra. “Come la sirenetta, perde la coda per iniziare a camminare”, dice con un po’ di malinconia la regista. La voce narrante di Pirani non smette mai di indagare gli sguardi e i pensieri di Vakhim, dall’infanzia fino all’adolescenza, in quel 2023 in cui la famiglia decide di tornare in Cambogia per incontrare la madre biologica. Sono momenti intensi, vissuti in maniera diversa dai due fratelli, ma in entrambi si riconosce la gioia di aver potuto finalmente conoscere quella donna che ha avuto il grande coraggio di rinunciare ai propri figli, in modo da assicurargli una vita migliore.

Tra lo splendido confronto-intervista tra Vakhim e Maklin e le immagini dell’incontro con la madre in Cambogia, Pirani ha inserito alcune sequenze “puramente” cinematografiche in cui ha ricostruito dei momenti della vita di Vakhim. La regista è riuscita a mantenere un delicato equilibrio nella commistione tra materiale di repertorio e immagini girate ex novo, trovando il modo di sollecitare l’immaginazione dello spettatore ed emozionare, senza far leva sul sentimentalismo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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