La sindrome degli amori passati, di Raphaël Balboni e Ann Sirot

Una rom com riletta con sguardo maturo, coraggiosa nell’abbracciare le sue giocose contraddizioni ma forse non abbastanza per “farsi” davvero cinema, per lasciarsi davvero andare.

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Remy e Sandra stanno insieme da una vita ma non riescono ad avere figli. Studi hanno tuttavia dimostrato che andando nuovamente a letto con ogni persona con cui hanno un avuto un rapporto in passato, potrebbero curare questa strana “Sindrome degli amori passati” da cui sembrano afflitti. Sandra e Remy si prestano tutto sommato con sportività alla terapia, divenendo protagonisti di una storia che pare venire fuori da un nuovo, stranissimo film sci-fi di Spike Jonze o, ancor meglio, da certo cinema di Gondry.

Certo è, tuttavia, che di quell’immaginario ironico e straniato Baldoni e Sirot privilegiano soprattutto il passo post, consapevole del genere, delle dinamiche interne, con cui qui i due provano a riattraversare gli spazi della Rom Com da una prospettiva “matura”, quasi guardandoli da una sorta di punto zero in cui quelle stesse dinamiche hanno finito per sclerotizzarsi.

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La sindrome degli amori passati è un film tutto di linguaggi, forse per questo sfuggente, addirittura respingente a tratti ma ha un coraggio tutto suo nello sposare le sue contraddizioni interne. E così da un lato riscopre ironicamente il lato tutto burocratico di una relazione sentimentale senile, con gli amanti impegnati a rendicontare non senza nostalgia i rispettivi amanti e con il sesso ridotto a vuota pratica da espletare; dall’altro, tuttavia, non si fa problemi ad essere fisico, a raccontare i corpi in modi inattesi ma lasciandoli sempre in primo piano, non tanto nelle scene di sesso dal retrogusto onirico tra gli amanti quanto nei dialoghi a letto tra Remy e Sandra, nei corpi raccontati, mostrati al nostro sguardo senza particolari filtri.

Il film di Baldoni e Sirot si muove con entusiasmo, forse retto anche da un respiro orgogliosamente contemporaneo, che gioca con il pensiero conservatore salvo poi chiudersi con un colpo di reni mai così fluido e multiculturale, ma forse, alla lunga, La sindrome degli amori passati cade nella sua stessa trappola, divenendo un film forse troppo di testa, chiuso nelle sue tesi e sempre più lontano dal cinema puro, dall’azione, dal movimento, dal confronto tra i personaggi.

Ed è un peccato perché Baldoni e Sirot avrebbero tutti gli elementi per far emergere del grande cinema da quello che, di fatto, è un divertito on the road nostalgico in cui ogni amante, ogni tappa, potrebbe essere un film diverso, con i suoi codici, i suoi linguaggi, i suoi dettagli con cui giocare.

La sindrome degli amori passati pare intuire in effetti questa vena fertile ma riesce solo raramente a metterla a frutto. Probabilmente il meglio emerge quando il racconto si concentra su Remy, complice forse la spigliatezza di Lazare Gousseau, sempre centratissimo nel guidare le linee del racconto grazie all’ironia stralunata su cui costruisce il suo personaggio. E allora ecco la gustosissima sequenza dell’improvviso menages a trois in albergo o quella nel club di scambisti. Ma si tratta di improvvise, felicissime deviazioni, dopo le quali si rientra subito nei ranghi. Nel momento in cui il racconto torna ad abbracciare uno sguardo d’insieme o, peggio, si concentra su Sandra, tutto rischia di appiattirsi, di rimanere sulla superficie malgrado le aperture su altri spazi, su altri racconti continuino a persistere, o di tornare, addirittura, nei codici di quel genere da cui, invece, ci si sarebbe dovuti allontanare.

Poi, certo, tutto sembra esplodere nell’ultimo atto, come una fiammata che spiazza, riporta in primo piano quell’assurdo da cui si era partiti, ma probabilmente non elimina la sensazione che il bel film di Balboni e Sirot sarebbe potuto essere ancora più dirompente se si fosse lasciato andare davvero.

 

Titolo originale:  Le syndrome des amours passées
Regia: Raphaël Balboni e Ann Sirot
Interpreti: Lucie Debay, Lazare Gousseau, Ninon Borsei, Nora Hamzawi, Florence Janas, Florence Loiret Caille, Audrey Muller, Hervé Piron, Vincent Lecuyer, Andrea Romano, Tarek Halaby
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 89′
Origine: Francia, Belgio, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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