Carissa, di Jason Jacobs e Devon Delmar

Un racconto che si perde nella magniloquenza dei luoghi e lascia senza sviluppo le possibilità narrative che vanno oltre una dimensione domestica e coinvolgono la collettività. VENEZIA81. Orizzonti

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Il latrato dei cani si spande nella valle dentro un contesto rurale di Wupperthal, nei monti Cederberg in Sudafrica. Carissa vive lì, insieme alla nonna titolare di un piccolo spaccio alimentare, donna di chiesa, di canto e preghiere, a differenza della nipote, ribelle annoiata che fuma, beve e frequenta una taverna fino a notte fonda. La comunità di cui sono parte è elettrizzata dall’annuncio della costruzione di un campo da golf in montagna, un progetto edilizio che significa delle opportunità lavorative in una zona a bassissimo impiego. Carissa finisce però coinvolta in un casino e dopo l’ennesimo litigio a casa decide di raggiungere suo nonno. L’anziano parente, dopo la separazione, abita sulle alture, e si occupa della coltivazione del rooibos, una varietà di tè. E le atmosfere diventano western con i canyon, le grotte graffiate dalle pitture rupestri, le stelle del firmamento osservate in una notte all’addiaccio, attorno al fuoco del bivacco.

In questo secondo troncone della storia la protagonista recupera una attitudine bucolica, un piccolo mondo antico, insieme al piacere della contemplazione, dei piccoli gesti dal grande significato, finisce insomma in un percorso terapeutico naturale che segnerà una importante maturazione caratteriale. Il film funziona poco dal lato attoriale, che in si serve in parte di dilettanti, ed anche la regia si perde in una troppo marcata attenzione sui dettagli e del particolare. Si lascia incantare dai panorami che attraversa, lasciando l’impressione di un sovraccarico magico. Manca uno sviluppo organico, ed i rami narrativi restano secchi, mortificati a favore del colore, senza in scegliere se lasciarsi trasportare totalmente dal trascendente o cogliere quegli spunti, il possibile abuso edilizio in primis, che con l’arrivo del progresso cancella l’eredità degli antenati. Condannando la trama a restare confinata negli spazi ridotti di una vicenda domestica e dal respiro corto. E le albe ed i tramonti non riescono ad evitare una sensazione di carenza, nel suggerire delle linee e dei percorsi che restano abbandonati.

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La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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