Venezia 81 – After Party. Intervista al regista Vojtĕch Strakatý

Il regista ceco ci ha raccontato in esclusiva la nascita del suo primo lungometraggio. Un coming of age di 24h in bilico tra luce e oscurità. Orizzonti Extra.

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After Party, presentato nella sezione Orizzonti Extra dell’81esima Mostra del Cinema di Venezia, è il primo lungometraggio del regista ceco Vojtĕch Strakatý. Un’opera che, a partire da eventi realmente accaduti nel corso della vita del cineasta, racconta la storia della 23enne Jindřiška, che, nel giro di sole 24 ore, si trova a dover fare i conti con i problemi finanziari del padre che rischiano di compromettere il futuro della famiglia.

Abbiamo incontrato il regista per un’intervista esclusiva. Ecco cosa ci ha raccontato.

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Dietro a questo film si percepisce un’esigenza. Come è nato questo progetto? In che momento hai deciso di metterci mano? 

Il film è ispirato agli eventi che io e la mia famiglia abbiamo avuto anni fa. Per me è sempre più facile e migliore pescare dalla propria vita, perché poi le storie che stai creando saranno più vere, più autentiche, in un certo senso. A un certo punto, quando tutto stava colassando, ho pensato ‘perché non lasciarsi ispirare da questo e trovare un modo di adattarlo a film?’.

Inoltre volevo creare una storia di finzione, non un documentario. Non volevo che fosse una totale autobiografia, perché quando nella vita reale accadono cose, problemi, è complicato a tal punto che diventa difficile tradurli in cinema. Credo che la vita sia troppo complessa per un film, per cui devi cambiare un po’ le cose. Quindi ho preso alcuni elementi che ho vissuto e a partire da essi ho creato questa storia.

Nella vita reale poi, le cose succedono molto lentamente. In settimane, mesi e anni. E, almeno per quanto mi riguarda, preferisco quando al cinema capisci che la storia sta avvenendo come se fosse in tempo reale. Motivo per cui volevo condensare questa lunga mia storia in un giorno. E ho capito che alcuni giorni sono più cruciali nella nostra vita rispetto ad altri e che, a volte, le cose collidono durante questo breve lasso di tempo. Quindi ho pensato che, se davvero raccontare la storia in questo modo, il giorno da me scelto sarebbe dovuto essere un giorno trasformativo per la mia “eroina”. Durante il quale inizialmente non ha preoccupazioni e a poco a poco si trova ad affrontare dei problemi fino a diventare una persona adulta.

Io tra l’altro solitamente non amo i coming of age. Stavo anche cercando di evitare ll genere, ma a un certo punto ho capito e accettato che stavo facendo un film di questo tipo. Quel singolo giorno, quel momento trasformativo, specifico e decisivo della vita della protagonista, per me è il cuore del film.

Hai parlato del tempo. Il tempo è uno dei grandi protagonisti di questo film. Perché abbiamo una avventura di 24 ore ma “viaggiamo” anche nel passato e nel futuro. Come hai lavorato in questo senso?

Penso che ciò che volessi raggiungere con queste 24 ore è un’odissea. Cercare appunto di catturare quel momento di vita come se fosse in tempo reale, anche se non lo era, per fare meglio immergere il pubblico. Ma ci sono anche eventi e forze dal passato che riguardano il padre, le difficoltà che ha avuto e che stanno causando problemi anche verso il futuro. Troviamo un punto di incontro tra questi due tempi, perchè le cose che stanno succedendo vengono dal passato e influenzano il futuro della famiglia. Allo stesso tempo abbiamo solo un fragmento di tempo che spendiamo con il nostro personaggio e ci sentiamo come se passassimo una giornata. Volevo creare questo senso di tempo al di fuori del film, nel passato e nel futuro.

Dal momento che è una storia tratta dalla tua esperienza personale come mai hai scelto una protagonista femminile? E come hai lavorato con l’attrice? 

Non è stata un’idea programmata. Circa dieci anni fa stavo facendo un corto su una ragazza che viveva nell’area suburbana. Poi mi sono accorto che sia negli spazi di lavoro che in famiglia ero circondato da tantissime donne e ho trovato tantissime donne che mi hanno molto ispirato tra famiglia, amicizie, collaboratrici. E ho come sentito di voler seguire questo personaggio femminile.

Anche per i miei prossimi film mi sto legando a protagonisti femminili, ma tutto mi è sempre sembrato naturale. Non si tratta del genere, etnia o sessualità dei protagonisti. Ovviamente la scelta dei protagonisti ha rilevanza per come si racconta la storia ma alla fine siamo tutti umani e le storie che raccontiamo sono delle persone e penso che il miglior modo è di approcciare tutti in modo dignitoso e aperto. È questo il modo in cui puoi raggiungere qualcosa di grande e lasciare che siano i tuoi personaggi a parlare. Come regista penso di avere la responsabilità di creare un mondo in cui i personaggi possano esistere liberamente, abbiano la loro voce e il loro spazio per crescere e brillare.

Il mio approccio con gli attori consiste nel coinvolgerli subito durante il processo di scrittura perché penso, come scrittore e regista, che ciò che conta è l’autenticità. Fin da subito, insieme agli attori, discutiamo del film leggiamo la sceneggiatura e i dialoghi e poi io torno a scrivere per correggere. Scrivo cioè qualcosa che è creato da me, ma poi metto in gioco la mia prospettiva e la risciacquo, così da poter costruire il film insieme, passo dopo passo. Cerco di essere aperto ai loro input perché è così che puoi raggiungere qualcosa di ottimo.

Jindřiška l’ho “creata” sei anni fa. Eliška è stata molto paziente, mi ha aspettato e nel frattempo si è sposata e ha avuto un bambino. Ma penso che questo approccio, questo tempo dedicato a conoscere i tuoi attori e i tuoi personaggi, porti alla credibilità, a raggiungere qualcosa che si percepisca come naturale e vivo.

Il titolo che hai scelto sembra suggerire una sorta di mescolanza tra gioia e tristezza. È così? 

È assolutamente corretto, perché per quanto mi riguarda evoca emozioni ed esperienze molto positive e anche negative. Per me questa dualità funzionava nel raccontare di persone di vent’anni, ma non solo. Credo che in questo film ci sia una generazione piu giovane che deve fare i conti con i problemi di una generazione piu vecchia e di fatto viceversa.

Per me il tempo del padre ormai è arrivato al termine e lui non lo ha ancora capito. Questa “festa” è finita per lui e anche per lei. Il titolo porta con sè luce e oscurità, perché sebbene il film tratti un tema pesante non volevo risultare deprimente. C’è questa idea di dualità, di buono e male, di oscuro e luminoso. Non volevo realizzare un dramma nichilista, ma un dramma che avesse anche luce e speranza. E ho cercato di bilanciare queste due cose.

Dicevi che questo film in qualche modo è un coming of age. Hai alcuni specifici modelli cinematografici a cui pensi e a cui hai pensato nello specifico durante la realizzazione di questo film? 

Ho tratto ispirazione da molti film, prendendo un po’ di idee qui e lì. Ho iniziato dalla combinazione di elementi western, perché credo che le zone suburbane ricordino quel tipo di spazio. Penso ai film di Anthony Mann o Budd Boetticher. Ci sono poi vibes estive e da buddy movie, ma anche il Death Proof di Quentin Tarantino. Per quanto riguarda il fatto che il film si svolga nel giro di 24h penso che uno dei miei riferimenti sia La Notte di Antonioni. Tra I miei modelli ci sono anche i film di Kleber Mendonça Filho, come Aquarius. Perché c’è una sorta di tensione legata all’oggi, ed è qualcosa che mi ha fatto sentire molto legato e che mi ha ispirato per un decennio, da quando ho scoperto i suoi film.

Il film si chiude se uno sguardo lanciato dalla protagonista verso il padre. Cosa vedi tu in questo sguardo?

Le persone leggono il finale in modo diverso. Io ho la mia propria maniera di leggere il film e penso di aver lasciato delle indicazioni sul finale. Per me il film è una storia di cambiamenti, di cambiamenti improvvisi, di cambiamenti trasformativi, insomma di crescita. Penso che incontriamo la protagonista in un momento in cui non è pronta ad affrontare problemi o non è abituata a farlo e alla fine penso che sia pronta ad andare avanti, di confrontarsi con suo padre. Credo che che ci sia questa realizzazione improvvisa relativa all’essere uguale ai suoi genitori e che lei abbia trovato la forza di affrontare, in un senso più ampio, questa generazione più vecchia.

E per quanto riguarda il tuo futuro? 

In un paio di mesi finirò il secondo film e anche questo è un coming of age. Per cui anche se non mi piace il genere cerco evidentemente di perfezionarlo. In questo caso sarà mescolato con una componente mistery ed è un film che si svolge d’estate con protagoniste delle giovani ragazze che vorrebbero arrivare in posti che non possono raggiungere; e hanno scoperto una sorta di portale che le può portare in diversi luoghi del pianeta.

Sono sempre stato ispirato fortemente dalle atmosfere estive e dalla voglia di poter raggiungere posti e persone inaccessibili; e in generale per me l’idea per i film inizia con qualcosa che è vicino e personale.

Per quanto riguarda progetti futuri sto preparando un film su un gruppo di millennial e di ragazzi della Gen Z che non hanno denaro e decidono quindi di rapinare una villa. E sì, direi che sono particolarmente attaccato al tema della mancanza di denaro.

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