Il cinema resiste grazie alle sale indipendenti

Dopo la pandemia, il cinema a Los Angeles si sta riprendendo grazie alle sale cinematografiche indipendenti. Qual è la situazione in Italia?

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Mi sembra di essere in chiesa, quando vado nei cinema normali mi siedo e basta. Non riesco a sperimentare quella comunanza che c’è qui, dove tutti adoriamo sull’altare della celluloide“, dice Miles Villalon, barista di Starbucks, 36enne, mentre fa una lunga fila per accaparrarsi i posti migliori per vedere in combo uno spettacolo a tema Watergate, con Tutti gli uomini del Presidente e Dick nello storico cinema di Los Angeles, il New Beverly Cinema. È una dichiarazione che appare in un reportage dell’Associated Press, riportato dal sito Fast Company, dal titolo “Perché i cinema indipendenti sopravvivono a Los Angeles“. Lo streaming e la pandemia hanno cambiato l’industria cinematografica, ma sembra che un numero crescente di giovani cinefili stia facendo rinascere i cinema indipendenti nella città degli angeli.

I fattori chiave

Questo modello sta salvando moltissimi piccoli cinema storici che stavano per chiudere durante la pandemia. Il fattore chiave, secondo Kate Markham, amministratore delegato di Art House Converge, unione di esercenti di sale indipendenti, sono i gestori delle sale. E come darle torto, visto che il precursore è stato Quentin Tarantino, che nel 2007 ha acquistato proprio il New Beverly Cinema.

Non ci ha messo molto Netflix a fiutare l’affare: ha comprato e riaperto l’Egyptian Theater, storico teatro del muto, con l’aiuto dell’associazione no-profit American Cinematheque. Questo in breve tempo è diventato un tempio di culto per maratone, incontri con autori e celebrità. Non solo cinema, ma anche ex-videoteche come Vidiots di Santa Monica che è diventata una sala. A febbraio, un consorzio di più di 30 registi, tra cui Jason Reitman, Steven Spielberg, Denis Villeneuve e Christopher Nolan, ha acquistato il Village Theater di Westwood per preservarlo ed evitare che venisse trasformato in qualcos’altro.

Non sono tanto i prezzi bassi, i film vecchi o le offerte di cibo e bevande a fare la differenza, quanto l’idea di essere parte di una comunità. C’è chi sussurra di nascosto che, grazie alla pandemia, l’industria delle sale cinematografiche sia più sana e sostenibile. Ma non è un caso che i cinema sopravvissuti abbiano fatto scelte basate sulla qualità e di nicchia, evitando 4DX, poltrone reclinabili e servizi di ristorazione a catena. “Per i tipi di film che proiettiamo, non voglio assolutamente che i camerieri vadano in giro a portare roba alla gente o sentire il rumore delle posate sui piatti“, ha detto Greg Laemmle, co-gestore dei Laemmle Theaters, un punto di riferimento per il cinema indipendente di Los Angeles da quasi un secolo.

Non per tutti ma forse per tutto il Paese

Ma non tutto quello che luccica è oro: il Dome, anch’esso storica sala indie di Los Angeles, non ha trovato un acquirente famoso e ha chiuso. Sembra che la Decurion Corporation voglia acquistarlo, ma il suo destino è incerto. Molti di questi cinema sopravvivono grazie a forme di beneficenza, aiuti e fondi federali, che sono serviti a farli resistere durante la pandemia. Comunque, solo ora, nel 2024, si stanno riprendendo, ma la domanda resta: questa ripresa è duratura?

Una buona notizia è che questa tendenza è più evidente a Hollywood perché ci sono più cinema, ma Tarantino sta per comprare una sala in Illinois. Il trend allora riguarda tutto il Paese?

La situazione italiana

In Italia come siamo messi? È una piccola giungla, fatta di tante realtà piccole e medio-grandi. Esistono i cinema indipendenti, che non prendono sovvenzioni statali, e ci sono i cinema d’essai. Questi ultimi devono avere una qualifica dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, e contano 500 schermi in 300 cinema di tutto il Paese. Mentre, non esiste una vera e propria mappatura dei cinema indipendenti. Nell’autunno del 2017 e nell’estate del 2019, Nicola Curtoni ed Emilia Desantis avevano sentito la necessità di visitare i cinema indipendenti per valutare la loro situazione dopo il boom di Netflix e delle varie piattaforme e hanno dato vita all’iniziativa Il giro dei cinema, ne hanno visitati un centinaio e recensiti una settantina. Nel 2018, hanno rilasciato un’intervista a The Submarine in cui sottolineavano la tenuta delle sale e la sostenibilità economica di queste, evidenziando però la difficoltà di accesso ai film e la necessità di un cambio generazionale. Avranno retto anche alla pandemia?

Senza voler fare una distinzione tra realtà indipendente ed essai, ricordiamo le più famose: il Beltrade a Milano, l’Ariston a Trieste, l’Edera di Treviso, gestito dall’attuale presidente del FICE (Federazione Italiana dei Cinema d’Essai) Giuliana Fantoni, il PostModernissimo a Perugia e il Rouge et Noir a Palermo. Piccoli spazi sparsi in tutto il Paese, che hanno aiutato il settore a riemergere dopo la pandemia, spesso facendo fatica anche loro e beneficiando di fondi europei e iniziative con gli habitué. Questi cinema puntano su incontri con gli autori, pubblico giovane, eventi specifici con film di culto e ambienti più inclusivi per le persone disabili.

Sembra che in America i registi abbiano capito che le sale sono importanti e che vanno tutelate. In Italia manca ancora un sostegno reale dell’industria ai cinema indipendenti, ma la ricetta del successo, in Italia come in America, ce la dà proprio la presidentessa del FICE, intervistata da Elle: “Oggi andare al cinema è una scelta precisa, lo spettatore frequenta le sale in cui si identifica. La chiave resta la qualità“. Anche Nicola Curtoni ed Emilia Desantis, nell’intervista del 2018, affermano: “I cinema indipendenti fanno comunità, stimolano un altro tipo di approccio sia alla relazione che alla fruizione culturale.”

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