Super/Man: the Christopher Reeve Story, di Ian Bonhôte e Peter Ettedgui

Titanicamente cristallino sin dal titolo, il doc racconta l’eroismo cinematografico prima e quello umano dopo l’incidente dell’interprete più famoso di Superman. Straziante e complessivamente riuscito

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Poco prima della fine di Super/Man: the Christopher Reeve Story, in uno spezzone inserito durante uno dei tanti – e per certi versi, quasi insopportabili per qualità e quantità lacrimosa – apici emozionali del documentario, tocca alla comune amica Glenn Close esplicitare la terribile sensazione che serpeggiava fin lì anche nello spettatore più anaffettivo: “Sono sicura che se Christopher fosse vivo oggi, anche Robin Williams lo sarebbe“. Il rimpianto che unisce il destino di due persone così amate e celebri ma altrettanto segnate dall’ineluttabile arbitrarietà della vita rappresenta il culmine del segmento più libero ed imprevisto del fluviale lavoro di Ian Bonhôte e Peter Ettedgui, la scheggia di senso più “umana” in un lungometraggio che riflette, invero con la stesso binarismo etico dei comics della Golden Age dei fumetti, sulla caduta di finti kryptoniani ed idoli hollywoodiani. L’intuizione principale dei due registi è quella di compendiare cristologicamente questa tesi nella tragica figura dell’attore statunitense che il 27 maggio 1995, nel corso di una gara a Charlottesville, è caduto rovinosamente da cavallo restando paralizzato dalla testa in giù. Come suggerito dallo stesso Reeve in una delle tante lucidissime dichiarazioni che accompagnano la narrazione, forse è stata proprio l’imponenza fisica dei suoi 98 chili di muscoli per 193 centimetri di altezza la causa principale della rovinosa lesione midollare al collo. Come se nella neonata era dei cinecomics, inaugurata proprio dal Superman di Richard Donner che qui viene ampiamente omaggiato con alcuni inediti retroscena, anche l’hybris occorsa al suo interprete più fulgido dovesse rispondere ai canoni cinematografici di tanto dramma redentivo. Il fascino maggiore di Super/Man: The Christopher Reeve Story è quello allora di muoversi proprio in un territorio così ricco di significanti e, allo stesso tempo, riuscire anche più semplicemente a celebrare l’indomita forza del suo protagonista.

Ecco che le testimonianze di familiari e amici, il certosino lavoro sull’archivio personale e pubblico, l’eredità della “The Christopher & Dana Reeve Foundation” guidata dai tre figli Alexandra Reeve Givens, Matthew Reeve e Will Reeve sono i tasselli di un discorso sicuramente retorico ma profondamente toccante. Un eloquio visivo e verbale che tocca la contagiosa vitalità sportiva dell’attore e regista ma anche il rapporto reverenziale verso l’austero padre, che spinge sulle sue battaglie a favore del riconoscimento politico delle disabilità ma non dimentica il suo status (“io sono un privilegiato tra chi ha lesioni midollari“) né le sue criticità (l’eccessivo fervore verso le cellule staminali ed il bistrattato preclaro spot in cui lo si vedeva tornare a camminare grazie all’uso della CGI). E che trova degli inaspettati comprimari nei componenti dell’allargato clan familiare e soprattutto nella moglie Dana Charles Morosini, dolcissima ed altrettanto sfortunata come il marito. “Io sento la sua mano ma lui non la mia” – dice la donna col suo radioso sorriso in uno dei tanti video in cui la si vede continuare a prendersi cura del suo Kal-El attaccato a un respiratore. Una Wonder Woman morta di cancro ed un Superman costretto su una sedia a rotelle fino alla fine dei suoi giorni: la più straziante storia supereroistica purtroppo non scritta ma avvenuta.

 

Titolo originale: id.
Regia: Ian Bonhôte, Peter Ettedgui
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 104′
Origie: USA, UK 2024

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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