Non è giusto, di Antonietta De Lillo
La Napoli descritta dalla De Lillo riesce a proporsi come una città finalmente “normale”, lontana dalle classiche “derive” cartolinesche ma pure distante dall’altro stereotipo della metropoli oscura e claustrofobica tanto spesso proposta negli anni Novanta
Invece, il suo “Non è giusto” si lascia apprezzare, anzitutto, per i modi nei quali è svolta la narrazione: secchi e asciutti, quasi da thriller dei sentimenti. E, in tal senso, la sequenza conclusiva ben rappresenta l’intero film, con i due piccoli “complici” Sofia e Valerio – i sorprendenti Maddalena Polistina e Daniel Prodomo – inquadrati al porto di Procida, seduti di fronte al mare e indecisi sul da farsi (se separarsi o meno): e il pieno manifestarsi del loro orizzonte sentimentale sarà affidato al caso e legato – con un montaggio alternato tra un traghetto che attracca e un pesce che non ne vuol sapere d’abboccare – all’esito d’un tipico giochino pre-adolescenziale.
Sofia e Valerio si confrontano costantemente col loro non esser più bambini senza essere ancora adolescenti: guardano al mondo degli adulti – denso di nevrosi e piccole e grandi immaturità – in cerca di punti di riferimento che, forse, sanno di non poter trovare. Il luogo comune non appartiene ancora ai loro modi d’essere: non a caso, quando Sofia chiede a Valerio – di fronte al classico panorama del golfo – se gli piace o meno Napoli, questi le risponde, testualmente, “Madonna, mi sembri mio padre”. A Valerio piacciono i vicoli, perché – lo dice poco dopo – “c’è l’ombra”. E la Napoli descritta da Antonietta De Lillo riesce a proporsi allo spettatore come una città finalmente “normale”, lontanissima dalle classiche “derive” cartolinesche ma distante, al tempo stesso, pure dall’altro stereotipo della metropoli oscura e claustrofobica tanto spesso proposta nel corso degli anni Novanta: la Napoli agostana del film, deserta e assolata, attraversata dai due ragazzini e dai loro padri divorziati, rivendica la propria normalità senza, per questo, fare a meno della sua identità più intima. I bambini ci (la) guardano: e il loro sguardo è sempre privo di sovrastrutture.
Gran merito, nella costruzione del clima “mentale” e sentimentale del film, va ascritto – oltre che alla scelta della regista di girare in digitale, con cineprese leggere e capaci di seguire le traiettorie (interiori) dei personaggi – al raffinato commento sonoro di Antonio Fresa, essenziale e poetico come sa essere un ragazzino quando si confronta, magari per la prima volta, con la realtà che lo circonda.
Regia: Antonietta De Lillo
Sceneggiatura: Antonietta De Lillo, Mattia Betti
Fotografia: Cesare Accetta
Montaggio: Giogiò Franchini
Musica: Antonio Fresa
Scenografia e costumi: Giancarlo Muselli
Interpreti: Maddalena Polistina (Sofia), Daniel Podromo (Valerio), Antonio Manzini (Giacomo), Valerio Binasco (Matteo), Monica Nappo (Graziella), Antonella Stefanucci (Paola), Lucia Ragni (nonna), Rosa Di Brigida (Cinzia), Nadia Carlomagno (Stella)
Produzione: Megaris/Mikado Film/Bianca Film
Distribuzione: Mikado
Durata: 102’
Origine: Italia, 2001