ROMADOCFEST 6 – La violenza della rimozione

Presentata l'anteprima de “Il naufragio fantasma”, una puntata di “Blu Notte” su uno dei viaggi più tragici degli immigrati clandestini verso l'Italia. Il documentario tra denuncia sociale e impossibilità di agire, le immagini sullo schermo si trasformano in una storia da raccontare, mentre la realtà, con i suoi meccanismi, rimane inattaccabile

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La Violenza della rimozione è la sezione del RomaDocFest che si occupa di uno dei problemi più drammatici e allo tempo meno visibili della nostra storia recente, quello dello sbarco di clandestini. I tre documentari della sezione, Il naufragio fantasma, Approdo in Italia e Mare Nostrum, cercano di fare il punto della situazione su questo fenomeno e di ricostruire alcune tragedie che hanno visto coinvolti centinaia di immigrati.


In sala viene presentata l'anteprima della prima parte de Il naufragio fantasma (un documentario che sarà trasmesso a settembre all'interno della trasmissione Blu Notte) incentrata sul naufragio a Porto Palo, nel 1996, di un'imbarcazione stracarica di clandestini. In quell'occasione i morti furono 283. I corpi dei cadaveri sono ancora in fondo al mare e i colpevoli (da chi ha organizzato il viaggio al capitano dell'imbarcazione affondata) sono tutti a piede libero.

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Carlo Lucarelli (purtroppo assente in sala) ricostruisce dallo schermo gli avvenimenti che hanno portato a questa tragedia. Il giornalista sembra essere interessato più allo sviluppo narrativo della storia che racconta (in alcune occasioni la paragona alla sceneggiatura di un film) che al reale dramma della scomparsa di centinaia di vite umane. Il documentario si sviluppa quindi su due strade che più volte finiscono per intrecciarsi. Quella della ricostruzione finzionale di alcuni personaggi (con tanto di presentazione) e quella che mostra la realtà dell'accaduto attraverso le interviste ad alcuni dei pochissimi superstiti e addirittura a chi quel viaggio lo ha organizzato. Si fonde quindi la fiction narrativa (per esigenze televisive) con la cruda realtà dei fatti.


In sala, dopo la visione del documentario, qualcuno indignato ha chiesto come fosse possibile che il trafficante di uomini intervistato fosse ancora in libertà, soprattutto dopo le dichiarazioni lasciate a Guido Barbieri in cui ammetteva senza nessuna paura il suo coinvolgimento nella vicenda e anzi vantandosi di essere stato lui ad aver portato a Roma quasi la totalità degli immigrati pakistani. La risposta è che l'uomo è stato assolto dall'accusa di reato di naufragio colposo perché non era lui a comandare l'imbarcazione naufragata anche se ne era il proprietario.


Risulta paradossale, in questo caso, l'uso del documentario come strumento di denuncia sociale. "Blu Notte"  ricostruisce per filo e per segno l'accaduto e le responsabilità del naufragio, filma chiare ammissioni di colpevolezza e poi tutto questo materiale non è sufficiente per incriminare nessuno. Le immagini restano sullo schermo, trasformandosi in una storia da raccontare, mentre la realtà, con i suoi meccanismi, rimane inattaccabile.


Se il fascino per la narrazione supera l'esigenza morale della denuncia (intesa come tentativo di cambiamento della realtà) allora le differenze tra documentario e fiction svaniscono.


La violenza della rimozione è quindi quella che non permette di agire, che fa assimilare immagini che invece dovrebbero far male come un calcio o un pugno nello stomaco. La violenza della rimozione è la pratica quotidiana della nostra televisione, che dopo le immagini di una tragedia trasmette spot pubblicitari, antidolorifico necessario per continuare a rimanere davanti allo schermo.

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