"Ratatouille", di Brad Bird
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Anim/azione, dove l’immagine sintetica inganna felicemente lo sguardo, sorpreso e abbagliato da superfici iperrealiste. L’occhio si confonde e si perde nel continuo confronto ravvicinato con oggetti la cui natura – questo è il nuovo confine oltrepassato dalle squadre Pixar – non ci è più dato distinguere: oggetti terziali – né disegnati, né reali e ripresi. Ratatouille è storia e luogo che sancisce e ribadisce, almeno nel campo dell’animazione, il cuore magico dell’effetto-cinema: la dispersione dell’occhio, l’annullamento dei riferimenti, la distruzione dell’incredulità e la possibilità di credere – credere per due ore che un mondo altro, parallelo o sovrapposto, forse comunicante con quello in cui la vita quotidiana è immersa, esista.
A questa splendida esasperazione visiva, a questo ritracciare i confini e le possibilità dello sguardo, si affianca una sceneggiatura serratissima, che fa correre su binari paralleli e coordinati una comicità tutta ritmo e movimento e una felice risoluzione degli scambi comunicativi tra uomini e topi. Il ratto Remy, conquistato dai piaceri sinestesici del palato, attraversa il continuum altisonante/nouvelle cuisine-infimo/fogna dando vita a una serie di sequenze di azione lungo le forsennate linee di fuga di sotterranei, case e cucine, che – insieme ai continui depistamenti narrativi – rappresentano il terzo pilastro della pellicola. E, a tutto vantaggio della godibilità, è proprio questa anim/azione a mettere in scacco persino (questo topolino ha già, sullo schermo, un corpo-gadget…) la morale da self-made-man.
Titolo originale: id.
Regia: Brad Bird
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata:
Origine: USA, 2007
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