"Triplice inganno", di Jerome Cornuau
Triplice inganno avrebbe potuto essere Gli intoccabili d’oltralpe, modello di riferimento di un poliziesco che mette al centro il conflitto tra senso dello stato e passioni personali. Purtroppo paga troppo la sua ispirazione televisiva, e Cornuau – anche lui esperto di serial – non riesce a dare ai suoi personaggi lo spessore del commissario di ferro. Si salva l’ambientazione nella Belle Epoque parigina, che stava allora scoprendo il cinematografo.
Il suo film ha una sceneggiatura solo all’apparenza complessa, che si svolge su più piani narrativi: quello emotivo della psicologia dei personaggi, e quello dell’affresco della Belle Epoque, che è il periodo in cui Triplice inganno è ambientato. Tuttavia,
E’ però la dipendenza dal modello televisivo che tarpa le ali al film: pur essendo costruito con buona scelta di situazioni, i dettagli mancano quasi sempre di spessore, e la fusione tra poliziesco e film storico non è sempre del tutto convincente, nella sua ambiziosa pretesa di raccontare il canto del cigno dell’Europa dell’alta diplomazia e degli aristocratici (lo sfondo della vicenda è la stipula della Triplice Intesa), saldando allo stesso tempo il debito con pedinamenti ed indagini, assedii e sparatorie.
Cornuau ha una buona mano nel dirigere le scene di massa (l’inseguimento iniziale nel mercato, o l’assalto all’ambasciata russa) ma non riesce a creare una dimensione epica ai personaggi, come invece il copione imporrebbe: il commissario tutto d’un pezzo, la sofferta figura della principessa di Russia, che dovrebbe incarnare il tramonto dell’era aristocratica. Clovis Cornillac si limita ad accendersi sigarette, illuminato da una luce tagliente, e a pulirsi la coscienza mormorando frasi come “E’ il mio lavoro!”, mentre Diane Kruger si offre al primo piano con poca ispirazione, lontana dal complesso e ambiguo ruolo della dark lady. Il loro dialogo finale dovrebbe essere una citazione noir, ma manca del tutto i suoi intenti. E’ molto più affascinante il loro incontro in un caffè di periferia pieno di fumo, mentre il popolo si gode una delle prime proiezioni della nuova invenzione francese: il cinematografo.
Nel cast c’è anche Stefano Accorsi, nei panni di un poliziotto italiano imbranato, che evidentemente nella serie televisiva doveva metaforizzare l’immigrato in cerca di fiducia e riscatto sociale, e che invece oggi sembra un po' fuori moda, quasi un vezzo da grandeur.
Triplice inganno avrebbe potuto essere un poliziesco forte, e i requisiti per un bel film di genere non mancavano di certo: il contrasto tra la purezza morale della brigata mobile e la burocrazia corrotta, il loro senso del dovere e dello stato, che supera ogni loro ideale o etica personale. Un senso civico che, messo in mano a qualcuno dotato di un altro sentimento del cinema, avrebbe potuto renderli Gli intoccabili d’oltralpe: così com’è, il film di Cornuau non regge il confronto nemmeno con il nostro Quelli della calibro 38.
Titolo originale: Les brigades du tigre
Regia: Jerome Cornuau
Interpreti: Stefano Accorsi, Diane Kruger, Edoard Bauer, Clovis Cornillac, Olivier Gourmet
Distribuzione: Gruppo Fonema
Durata: 125'
Origine: Francia, 2006