NORD – Islanda: cinema dalla terra del ghiaccio

Dalla terra del ghiaccio (di Björk, dei Sigur Rós, dello scrittore premio Nobel Halldór Laxness) arrivano segni affascinanti e autori, film, sguardi obliqui utili a disegnare la mappa contemporanea di una delle cinematografie più giova

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Tra le cinematografie del Nord Europa, quella islandese è la meno conosciuta e, soprattutto, la più trascurata. A torto. Se si sa qualcosa – poco, ma qualcosa – di quanto accade in Svezia, Finlandia, Danimarca e, in percentuale minore, Norvegia, del ‘movimento’ prodotto dall’Islanda si è (quasi) del tutto all’oscuro. Un vero peccato, perché dalla terra del ghiaccio (di Björk, dei Sigur Rós, dello scrittore premio Nobel Halldór Laxness) arrivano segni affascinanti e autori, film, sguardi obliqui utili a disegnare la mappa contemporanea di una delle cinematografie più giovani del pianeta (salvo rare eccezioni, la sua filmografia ha una trentina d’anni).
E dire che il suo nome di punta, Fridrik Thór Fridriksson, vinse anche un’edizione di Riminicinema (uno dei più bei festival italiani, poi spazzato via da burocrazie e idee di grandezza ‘regionali’). Ma il suo film, che iniziava in Giappone e proseguiva in Islanda in cinemascope, non uscì mai in Italia.
E’ solo un esempio, ma già significativo, delle contaminazioni che possiede questa giovane cinematografia, nata in un Paese dove circola una vena di follia (leggere “Angels of the univers” di Einar Már Gudmundsson, e vedere l’omonimo film di Fridriksson, miglior incasso al botteghino islandese nel 2000, davanti a “Toy Story 2”, per capire meglio alcuni meccanismi di paura, delirio e sopravvivenza nella Reykjavík degli anni Novanta) che si trapianta nel corpo dei film, con leggera o possente, densa presenza maligna e liberatrice.
Cannes 2001, a questo proposito, ha fornito una buona e differenziata panoramica delle più recenti produzioni islandesi, ruotanti intorno a un’efficace struttura come l’Icelandic Film Fund (che ha un bellissimo sito, da visitare: www.iff.is; mentre per saperne di più sulle suggestioni di un luogo ‘a sud del nord’ è fondamentale www.bestoficeland.com). Al Marché du Film erano presenti le novità che poi, è auspicabile, circoleranno nei festival internazionali, seguendo il prezioso percorso di “Angels of the univers” e ancora di più di “101 Reykjavík” di Baltasar Kormakur, vale a dire la commedia drammatica – che cambia i destini dei personaggi in un inverno nella capitale, con Victoria Abril insegnante di tango e amante della madre dell’antipatico protagonista – in concorso a Locarno 2000 e poi in giro per i più importanti festival del mondo (in Italia non se n’è accorto nessuno).
Ecco dunque, per una breve situazione del cinema islandese d’inizio millennio, “Plan B-Report” di Jóhann Sigmarsson, girato tra Reykjavík e Amsterdam (la parte più sospesa in un’opera che fa del muoversi stando fermi una propria idea stralunata e decisiva); “Ikíngu”t, film per ragazzi di Gísli Snaer Erlingsson; “Dramarama”, cinque storie in tragicommedia firmate da altrettanti cineasti (Inga Lísa Middleton, Dagur Kári, Ragnar Bragason, Ásgrimur Sverrisson, Einar Thór Gunnlaugsson); la commedia un po’ troppo ‘dogma’ The icelandic dream di Róbert I. Douglas (al terzo posto nella classifica dei film più visti sugli schermi islandesi dell’anno scorso).

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