DVD – "La colomba non deve volare", di Sergio Garrone
Garrone dirige una pellicola che miscela con scarsa attenzione elementi di cinema di spionaggio e di guerra, con qualche breve e raffazzonata incursione nel sentimentale, dal ritmo decelerato e dalla sceneggiatura confusa e traballante. Da Cecchi Gori Home Video
IL FILM
Gli anni ‘70 sono stati, probabilmente, un periodo irripetibile per il cinema di genere in Italia: ogni anno decine di pellicole prodotte, dal western all’horror, dal poliziottesco al thriller con incassi da capogiro, un filone che pareva inarrestabile e che invece si è praticamente esaurito nel giro di due lustri. E’ pur vero che buona parte di questi film difettavano di qualità ma avevano il pregio di possedere una certa libertà creativa che raramente, salvo alcune eccezioni (vedi Brizzi e Martani e l’ultimo straordinario Argento), si riscontra nella cinematografia tricolore dei nostri giorni. Il lavoro di Sergio Garrone, poliedrico mestierante di tutti i generi sopra citati rientra nella categoria di film anonimi e presto dimenticabili. La storia, tratta da fatti realmente accaduti durante la seconda guerra mondiale, vede come protagonista Pablo (Horst Buchholz), una spia dell’esercito italiano incaricata di rubare un carico di carburante per l’aviazione italiana, allo scopo di distruggere con un raid aereo i rifornimenti di carburante delle forze alleate. Garrone dirige una pellicola che miscela con scarsa attenzione elementi di cinema di spionaggio e di guerra, con qualche breve e raffazzonata incursione nel sentimentale, dal ritmo decelerato e dalla sceneggiatura confusa e traballante. Latitanza di idee e scarsità di mezzi – per le battaglie aeree vengono prese a prestito immagini in bianco e nero tratte da documentari che disorientano lo sguardo – rendono questo film particolarmente noioso e privo di invenzioni visive. Un’utilizzazione spropositata ed estenuante di primissimi piani e di zoomate – quest’ultime utilizzate per (s)coprire dettagli ritenuti necessari alla comprensione del film e quindi alla quadratura del cerchio – mostra appunto un’impasse creativa imbarazzante. Immobilità delle inquadrature e caratterizzazioni dei personaggi non sufficientemente approfondite, lasciano presto cadere l’attenzione dello spettatore, destata solo per brevi ma piacevoli momenti dalla bella colonna sonora del compositore pesarese Riz Ortolani.