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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO DI SENTIERI SELVAGGI

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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IL FILM
Avanti a lui tremava tutta Roma. È la frase pronunciata da Floria Tosca subito dopo aver pugnalato il ministro della polizia pontificia Scarpa, reo di aver imprigionato il pittore liberale Mario Cavaradossi. Stiamo parlando della Tosca, dramma del 1887 di Sardou da cui Giacosa e Illica trassero il libretto per l’omonima opera lirica in tre atti di Puccini. Carmine Gallone, regista avvezzo a realizzare colossal degni di Cecil B. De Mille (Gli ultimi giorni di Pompei, Scipione l’Africano) e film tratti da opere di Verdi e Puccini (Rigoletto, Tosca, Madama Butterfly ), dirige Anna Magnani reduce dal successo di Roma città aperta, che nel film Avanti a lui tremava tutta Roma interpreta Ada, una cantante lirica (doppiata nelle parti cantate da Elisabetta Barbato) che denuncia involontariamente agli ufficiali nazisti il suo compagno e tenore Marco (Gino Sinimberghi), colpevole di aver ospitato nella sua villa un militare inglese. I due cantanti lirici, riusciranno alla fine della loro interpretazione dell’opera Tosca a scappare dagli uomini della Gestapo, grazie all’aiuto di alcuni tecnici del teatro. Gallone gira un film lontano dalla purezza ed essenzialità del neorealismo rosselliniano, scegliendo ambientazioni sceniche ricche e ridondanti (la villa, l’Opera di Roma) e caricando l’interpretazione di tutti gli attori trapassando il confine che separa cinema e teatro: in sostanza non pare di guardare immagini cinematografiche, ma di stare davanti ad una lunga – e a tratti noiosa – rappresentazione teatrale filmata (che celebra se stessa), dove il dramma rappresentato appare volontariamente sopra le righe. E’ bene aggiungere però che benché il film risulti volutamente eccessivo nelle sue esplosioni da melodramma popolare (il maestro di musica ebreo che si avvelena urlando in maniera plateale ai tedeschi che non cadrà mai sotto le loro grinfie, la cameriera che lotta con tutte le sue forze per non far trovare ai nazisti il nascondiglio dove è rifugiato l’inglese) e a rivederlo oggi, anche datato, è pervaso da una certa e passionale sincerità d’intenti. Girato nel 1946, quindi subito dopo la fine della guerra, il lungometraggio trasuda passione libertaria e patriottica e sebbene da un punto di vista puramente cinematografico sia incapace di convogliare emozioni verso chi guarda, ha quantomeno il pregio di ricordarci che la libertà dell’individuo è diritto universale ed inviolabile, dove l’essere umano è pronto a tutto, anche a  sacrificare la propria esistenza pur di mantenere vivo tale valore.

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