Locarno 56. Cinema italiano, la desolazione e la violenza

Nella sezione Cinema del Presente e nel Concorso Internazionale due film italiani: "Il dono" di Michelangelo Frammartino, ritratto della desolata realtà di un paese della Calabria, e "Il vestito da sposa" di Fiorella Infascelli, dramma d'amore e violenza fisica con una bellissima Maya Sansa.

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A lato di un concorso fino ad ora deludente, è nella sezione Cinema del Presente che, qui a Locarno, si trovano le opere piu interessanti, innovative e sorprendenti del programma. Tra queste sicuramente l'italiano Il dono di Michalangelo Frammartino, già visto ad Infinity Festival e che ha confermato la buona impressione suscitata ad Alba.

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Il film descrive con impassibile partecipazione la desolata quotidianità di Caulonia, paese del litorale calabrese un tempo abitato da 15 mila abitanti e ora ridotto ad un pugno di anime dimenticate. Con una messinscena austera e dimessa, di chiara derivazione straubiana, Frammartino coglie nella sua drammatica evidenza un processo di annullamento ormai concluso: con lunghi piani sequenza immobilizza il tempo e inchioda nell'inquadratura la tristezza di cio che Caulonia sa offrire, barconi abbandonati sulla spiaggia, carcasse d'auto arruginite, vecchi solitari e ragazze silenziose.

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In questo mondo ridotto al nulla la desolazione domina incontrastata, ma la bravura del regista sta nel cercare a tutti i costi motivazioni al proprio filmare che vadano oltre l'oggettiva impotenza di uno sguardo partecipe. Frammartino, infatti, ha il pregio di saper attendere la rivelazione del reale di fronte alla macchina da presa e, all'opposto, di curiosare in luoghi e situazioni inattese: un cellulare che vibra su un tavolo può suscitare esilaranti effetti comici, mentre la caduta di un pallone per le strade del paese può rivelarne le infinite traiettorie celate da vicoli stretti e case arroccate. Senza l'ausilio della parola e con un'efficace alternanza di campi lunghi e primi piani ravvicinati, Frammartino riesce nel tentativo di trasformare un luogo sull'orlo del collasso in un multiforme universo cinematografico.

L'altro film italiano della giornata, Il vestito da sposa di Fiorella Infascelli, è, invece, un'opera deludente e, nonostante il tema, poco emozionante. La vicenda drammatica della giovane Stella, prima selvaggiamente violentata alla vigilia delle nozze e poi riportata alla vita dall'amore del suo sarto, è ridotta ad una lunga e poco credibile presa di coscienza della protagonista della violenza del mondo e dell'assurdità dell'amore. L'uomo del quale si innamora, infatti, è uno dei suoi stupratori e, a parte il fatto che lo spettatore lo sa da subito, viene il dubbio che una ragazza violentata e umiliata possa fidarsi del primo bel tenebroso che le capita a tiro.


E se la scena dello stupro, ripresa a distanza con un piano medio, è di pudica discrezione, il resto del film non è altro che la scontata ricaduta della protagonista nelle sue indescrivibili sfortune. La scoperta del proprio violentarore avviene nel piu doloroso dei modi – un dubbio, uno sguardo incredulo, un incidente mortale, la fine di tutto – ma anche in questo caso il drammatico evento lascia l'impressione di indifferenza suscita dal resto del film. Un po' come il vestito da sposa di Stella, abbandonato in sartoria per un anno e poi ritinto di rosso: quello che resta non è un rosso vivo e luminoso, bello come il sorriso di Maya Sansa (unica nota positiva del film), ma un arancione smorto.


 

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