MIFED 70 – Le riflessioni dopo gli affari

Cifre, nomi e emozioni della celebre mostra mercato all'indomani della settantesima edizione: un traguardo importante che però non regala picchi artistici nonostante il bilancio positivo di vendite e accordi commerciali segnalato dai promotori

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Cinque giorni di gran via vai, con buyers e giornalisti impegnati a passare da una sala all'altra negli spazi allestiti all'interno della Fiera di Milano; oppure a girovagare fra i vari stand, gravidi di flyer e locandine dei progetti più assurdi e/o interessanti: questo è da sempre il Mifed, la mostra mercato che quest'anno chiude la sua settantesima edizione con un bilancio che gli organizzatori assicurano essere chiaramente positivo. Infatti, nonostante sulle pubblicazioni specializzate gli operatori abbiano già iniziato a interrogarsi sulla scelta che l'edizione 2004 dovrà necessariamente porre (Mifed o American Film Market?), i contratti hanno continuato a essere siglati e molti titoli importanti sono stati comprati da società di tutto il mondo. La nostrana Medusa, ad esempio, si fregia di avere concluso le trattative per il pre-acquisto dell'ultimo Polanski, Oliver Twist, mentre titoli italiani di indubbio intersse come Il cartaio di Dario Argento o Agata e la tempesta di Silvio Soldini sono stati venduti in paesi come Germania, Israele, Grecia e Turchia.

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Al Mifed peraltro hanno sfilato autori del calibro di Costner, Altman, Téchiné ed è stato possibile assistere alle ultime opere di Oxide Pang (il virtuosistico The Tesseract), Danny De Vito (delizioso il suo Duplex) e Kiyoshi Kurosawa, Doppelganger: quest'ultimo, dopo avere saltato la prima proiezione, si è reso disponibile unicamente nell'ultima giornata di fiera e si è rivelato un bizzarro divertissement d'autore, lontano dalle ambizioni che hanno certamente reso Kurosawa uno dei registi più interessanti del panorama asiatico attuale. Un'area geograficamente strategica per il cinema, quella del 'Far East', come la massiccia presenza di opere ha testimoniato, ma che quest'anno ha visto prevalere la quantità sulla qualità: soprattutto quel gran tirante che è sempre stato l'Horror dimostra di soffrire sulla lunga distanza e le opere viste al Mifed, come Acacia di Ki-Hyung Park o The Park di Andrew Lau hanno rappresentato una netta delusione.

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Ed è proprio il mercato dei generi a preoccupare per una situazione ormai satura di sequel e remake più o meno palesi che non sono in grado di suscitare nemmeno la simpatia per la loro fattura a volte davvero imbarazzante. Così non è un caso se i lampi di emozione più sincera, all'interno di un kolossal come Dragon Head, di George Iida non vengono dalle colossali scene di devastazione grondanti grafica digitale, ma dalla tenerezza del rapporto che si instaura fra i due giovani protagonisti, gli unici sopravvissuti di un mondo ormai sconfitto dalla distruzione. O se l'ideale di bellezza più pura ci arriva da una delle pellicole più controverse di Kim-Ki Duk, Spring, Summer, Fall, Winter… and Spring, forse didascalica e eccessivamente compiaciuta della propria tensione spirituale, ma capace di vibrare di passionalità sincera nel descrivere l'odissea interiore di un giovane bonzo che si innamora di una coetanea capitata nel suo monastero per guarire da una malattia.


La situazione monitorata all'interno degli spazi offerti dal mercato è così poco incoraggiante e segnala una momentanea empasse nell'offerta di prodotti necessari e in grado di coinvolgere come il cinema deve sapere fare. La palla ora passa al responso delle sale, nell'attesa, ovviamente, che tutti i titoli dei quali erano pronte unicamente le locandine, arrivino a sovvertire la sonnacchiosa situazione registrata in questa annata. Un altro non indifferente compito riservato alla prossima edizione del Mifed.

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