"Le Invasioni barbariche", di Denis Arcand

Probabilmente il verboso Arcand usa declino come prima persona del verbo declinare in senso linguistico perciò il suo film è congegnato in ogni istante per snocciolare il suo rosario sulla chiesa, la famiglia, attraverso i personaggi del cinico e del buono, della troia e della santa, della sbandata e della brava donna

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Che il Festival di Cannes mostrasse limiti nel tappare le falle aperte dall'ostracismo delle majors lo dicevamo ancor prima di accorrere alla Croisette e la presenza in concorso di Les Invasion barbares di Denis Arcand era annoverato tra le cause/esempi di un discorso che si è confermato dopo l'assegnazione di ben due premi all'autore che attualizzando il Vangelo di Marco in Jesus of Montreal (1989) si mette nei panni del giudice.

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E' chiaro che in crisi è il concetto stesso di cinema d'autore, che nato dalla teoria libertaria e liberatrice della Nouvelle Vague si è trasformato sempre di più in "autorità" a dispetto della maggior adesione dell'occhio dietro la mdp alla realtà circostante. A ciò contribuisce lo scollamento della "massa" dallo spettacolo cinematografico e quello conseguente della classe dominante che per tutto il secolo scorso ha "studiato" l'industria/cinema per i propri fini… il risultato è che oggi la maggior parte delle pellicole si fa per la "classe media", che si caratterizza, a parte il "caso Regno Unito", dalla mancanza di coscienza e dalla paura immanente, forse delle due classi rivoluzionarie tra cui è stretta, la borghesia e il proletariato. I rappresentanti cinematografici di questo insieme informato quotidianamente non sono mai stati né artisti né artigiani ma intellettuali, esseri dotati di intelligenza, attributo umano dato "per scontato" nella storia e nella mitologia occidentale finché non si è posta la necessità di aggettivare la massa ignavia. Non è intelligente Gesù né Ulisse, Spartaco o il Re Sole, Napoleone o Ethan in Sentieri Selvaggi. Siamo fuori dal cinema, ma è qui che ci porta Arcand con il suo film/edera che mentre sfrutta e uccide la pianta su cui si arrampica ne assume anche la forma. Una serie di inquadrature senza infamia e senza lode, con i dialoghi che Emiliani da Cannes definiva "sovrabbondanti" a fare da chitarra ritmica. Ma ciò rientra totalmente nel quadro: la classe media non agisce, parla, e non avendo nulla da raccontare ripete nozioni (confrontare ancora Emiliani che scrive di personaggi determinati più dal proprio sapere nozionistico che dalle esperienze vissute).

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E' questo un film di contenuti in cui Raffaello e Godard, Primo Levi e Mao finiscono ne/con le torri 11/09/'01 e il nostro "piccolo chimico" Arcand quasi esultante di ritrovare il suo Il declino dell'impero americano mette il vecchio Remy Girard sul letto di morte e delega il figlio neoyuppie di organizzargli una veglia chiacchierata in cui ripassare un bignamino degli ultimi due anni di Porta a Porta (ma la potenza emozionale di Vespa è un'altra cosa)… Les invasion barbares è l'urlo di terrorizzati che scoprono adesso di avere i barbari come vicini di casa e temono per il loro stile di vita "banca e famiglia danno rendita sicura" da condire con una canna e una scappatella per sentirsi anche trasgressivi?


Oh Arcand Arcand ma il tuo film del 1986 arrivava già con 10 anni di ritardo!… Nel '78 uscivano The decline of western civilization e Animal House, la foto di una giovane donna che fuma eroina con la carta argentata è la copertina dell'edizione economica di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, oggi Hollywood e Rob Coen già si interrogano sulla necessità di "educare il barbaro" cresciuto con i videogiochi e con cognizione citano gruppi già morti che portano nomi come Vandals… Certo questa è gente che snobba il "punk" e XXX, non vede i film di Clint o di Carpenter ma almeno accorgersi della nuova fuoriuscita di Toni Negri e del suo Empire che intellettualmente marcia dal '78 al 2008…


Probabilmente il verboso Arcand usa declino come prima persona del verbo declinare in senso linguistico perciò il suo film è congegnato in ogni istante per snocciolare il suo rosario sulla chiesa, la famiglia, attraverso i personaggi del cinico e del buono, della troia e della santa, della sbandata e della brava donna… Ma lasciamo a Verdone ciò che è di Verdone almeno ogni tanto ci scappa una gag!


A noi non resta che inscenare la nostra danza macabra in Le noir du temps (sempre e ancora Godard), già fantasmi ma almeno consapevoli di esserlo. Stanchi di aspettare gli Arcand di turno ma felici del fatto che abbiano sempre e ancora paura.


 


Titolo originale: Les invasions barbares


Regia: Denys Arcand


Sceneggiatura: Denys Arcand


Fotografia: Guy Dufaux


Montaggio: Isabelle Dedieu


Musiche: Pierre Aviat


Scenografia: François Séguin


Costumi: Denis Sperdouklis


Interpreti: Stéphane Rousseau (Sébastien), Rémy Girard (Rémy), Dorothée Berryman (Louise), Louise Portal (Diane), Dominique Michel (Dominique), Yves Jacques (Claude), Pierre Curzi (Pierre), Marie-Josée Croze (Nathalie), Marina Hands (Gaelle), Toni Cecchinato (Alessandro)


Produzione: Daniel Louis, Denise Robert per Astral Films/Centre National de la Cinématographie/Cinémaginaire Inc./Harold Greenburg Fund/Le Studio Canal+/Productions Barbares Inc./Pyramide Productions/Societé Radio-Canada/Societé de Développment des Enteprises Culturelles/Télefilm Canada


Distribuzione : Bim


Durata: 99'


Origine: Canada/Francia, 2003

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