FUTURE FILM FESTIVAL 2004 – La fiaba al tempo dei videogames: "Resurrection of the Little Match Girl"

Inseguimenti, sparatorie, combattimenti, stile cyberpunk e deliri visivi. Un film debordante e continuamente sospeso tra realtà e finzione, tra tradizione (la fiaba) e innovazione (i videogiochi). E' l'ultimo film del coreano Jang Sun-Woo, già noto in Italia per aver scandalizzato la Mostra del cinema di Venezia del 1999 con l'erotico “Bugie”.

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L'evento della prima giornata del Future Film Festival di Bologna è l'anteprima di Resurrection of the Little Match Girl, ultimo film del coreano Jang Sun-Woo, già noto in Italia per aver scandalizzato la Mostra del cinema di Venezia del 1999 con l'erotico Bugie. Il film, che in patria ha fatto segnare un netto flop al botteghino e rischiato di mandare in fallimento la sua casa di produzione, è stato definito il "Matrix sudcoreano". La definizione non è inopportuna: Resurrection of the Little Match Girl è infatti un'opera che attinge in gran parte dall'universo di finzione dei fratelli Wachowski, contaminandolo però con una complessa trama di citazioni e riferimenti intertestuali, dalla fiaba della piccola fiammiferaia di Andersen alla filosofia taoista. La struttura narrativa, strettamente legata a quella dei videogiochi e organizzata, in maniera innovativa e sperimentale, in base a diversi livelli da superare (proprio come i vari stage di un videogame), è uno dei punti di forza della storia: il protagonista, un giovane fattorino, diventa la star di un videogioco, con l'obiettivo di salvare la piccola fiammiferaia dagli altri personaggi, che vogliono ucciderla e riprogrammarla.  Ma la vera cifra di Resurrection of the Little Match Girl è la strabordante esplosione di immagini che lo caratterizza dai primi minuti fino alla fine. Un delirio visivo che l'affastellamento di inquadrature, il montaggio frenetico e vorticoso, l'innegabile talento registico di Jang Sun-Woo rischiano di rendere addirittura ubriacante per lo spettatore. Il film mette in scena tutto il campionario di inseguimenti, sparatorie, combattimenti tipici di un action-movie, mescolati con uno stile di chiara derivazione cyberpunk e intervallati, spesso e volentieri, da un'autoironia di fondo che contribuisce a smitizzare la materia narrata, riducendo il tutto a un puro divertissement senza troppe ambizioni. Inutile andare in cerca della verosimiglianza. Ciò è evidente in particolar modo nella seconda parte del film, dove la differenza realtà/finzione si fa sempre meno netta e la storia assume contorni confusi, aggrovigliandosi su se stessa fino a proporre addirittura due finali (e lasciando, implicitamente, allo spettatore la possibilità di scegliere il preferito). Anche i personaggi, improbabili e stralunati (c'è persino la versione lesbica di Lara Croft) contribuiscono ad allontanare l'impressione di realtà, pur se rischiano a tratti, insieme ai multiformi ed eterogenei elementi di cui è composto Resurrection of the Little Match Girl, di trasformarlo in un esercizio di stile autoreferenziale e fine a se stesso.

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