Ealing's story: tra glamour, eccentricità, anarchica arguzia, joie de vivre e humour british all'acido prussico

Ealing. Un nome che a tanti non dice nulla. Ma prima di essere fagocitati dall'emergente tv nel 1955, i britannici Ealing Studios hanno tracciato, in appena un ventennio, una scia cometica irripetibile, un solco di acida e liberatoria comicità rimasto unico e intatto nel cinema europeo per crogiolo di talenti e artigianalità sopraffina low-budget

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Può, la pratica oggi diffusissima del remake (quasi assurto a vero e proprio genere autonomo) resuscitare un periodo cinematografico perduto, cristallizzato in un passato arcadico? Questo avrebbe potuto essere direttamente e indirettamente l'ultima incursione cinefila dei fratelli Coen The ladykillers, in questi giorni nelle nostre sale: remake de La signora omicidi di Alexander Mackendrick, con Tom Hanks nel ruolo che fu di un memorabile Alec Guinness (affiancato da un già prometeico Peter Sellers) nella pellicola del 1955 prodotta dai leggendari Ealing Studios britannici, sorti nell'omonimo ed elegante quartiere londinese. Anche se già qualche anno fa il marchio Ealing e i suoi celebri teatri di posa sono stati acquistati dalla Fragile Films producendo il gradevole L'importanza di chiamarsi Ernesto di Oliver Parker, riaccendendone la fiamma. Ed Ealing-Gainsborough-Rank (ricorderete sicuramente "l'uomo col gong" che simboleggia quest'ultima!) era "la stella a 3 punte" della produzione cinematografica inglese del dopoguerra. Fondata nel 1931 la Ealing fu sostenuta, tra gli altri, da Carol Reed (Il fuggiasco, le 1040 inquadrature soggettive del bimbo protagonista di L'idolo infranto, Il nostro agente all'Avana, Oliver! e soprattutto il classico thriller Il terzo uomo con l'Harry Lime di Welles) e soprattutto a partire dal 1938 dal gran tycoon del cinema inglese Michael Balcon: 350 film prodotti tra i primi anni 20 e i "free sixties", ebreo originario di Birmingham (nonché nonno materno di Daniel Day-Lewis), formale, rigoroso, prudente ma con un grande fiuto per il talento e gusti ben definiti, che amava circondarsi di collaboratori intelligenti, affidabili e per lo più giovani universitari come Robert Stevenson, Anthony Asquith ma anche il futuro gigante Hitchcock (e più avanti padrino cinematografico anche di talenti quali Ken Russell, Karel Reitz, Lindsay Anderson, Ridley Scott e Stephen Frears).

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E in poco più di un ventennio, fino al 1955 quando sarà fagocitata dall'emergente tv dopo che 3 anni prima era già stata costretta a vendere gli studios alla Bbc e a trasferirsi in quelli di Pinewood, la Ealing traccerà una scia cometica irripetibile nella cinematografia britannica, un solco di acida e liberatoria comicità rimasto unico e intatto nel cinema europeo per crogiolo di talenti e artigianalità sopraffina low-budget. Solo la guardacaso britannica Hammer di Roger Corman, specializzata nell'horror anche se spruzzata di tanto in tanto da similare umorismo nero, può esserne una sorta di filiazione ibrida. Tradizionalista eppur al contempo meravigliosamente moderna nello spingere ai limiti le doti professionali dei suoi collaboratori, in particolare registi e attori (impeccabile la solidità dei caratteristi impiegati), e animata da sceneggiatori di genio come T.E.B. Clarke, John Dighton e William Rose che spaziavano in un ampio spettro espressivo che andava dal realismo al surrealismo, dal composto aplomb tipically british allo humour all'acido prussico altrettanto tipicamente britannico, riuscendo a miscelarli in proporzioni inedite ma sempre di sapiente equilibrio, questa bottega di alto artigianato della settima arte si espresse al suo meglio con autori registici quali Charles Chricton, Henry Cornelius, Alexander Mackendrick (capace anche di un potente, durissimo esordio hollywoodiano nel 1957 con il meraviglioso dramma giornalistico Piombo rovente) e Robert Hamer (assistente di Hitchcock negli anni 20) che firmò una delle vette più notae dell'intera produzione degli studios: Sangue blu. Girato in quel 1949 che costituisce l'anno magico, più fecondo della storia Ealing, spinge ai limiti storici la comica coltre nera di satira sociale che avvolge i prodotti più deliziosi e permette di far entrare a pieno diritto nella storia del cinema il camaleontismo di Alec Guinness, calato in tutti gli otto ruoli delle vittime (compresa una donna) che il protagonista deve eliminare per ottenere l'eredità materna e il titolo di lord.

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Sempre sfornato in quell'anno anche I giovani uccidono di Basil Dearden, poliziesco didattico e archetipico del genere in Gran Bretagna che generò, paradossalmente, una serie di ventennale vita in quella tv che avrebbe appunto messo fine alla Ealing e che si ricorda per una scena finale al cinidromo con suspence degna del cinema muto che sarebbe piaciuta a Hitchcock e per un Dirk Bogarde 29enne calato in una recitazione frenetica ben lontana dai personaggi che l'avrebbero reso famoso nei sessanta e settanta, in sommo grado sotto la guida di Losey e Visconti. Ma il tris d'assi di quell'anno eccezionale si compone assieme al caustico, eccentrico Passaporto per Pimlico di Henry Cornelius nel quale una costola di Londra cerca di svincolarsi dalle restrizioni imposte dal governo del dopoguerra (in particolare sull'alcool!), dichiarandosi indipendente sulla base di un antico documento che testimonia che il loro quartiere è stato donato dal duca di Borgogna al re Edoardo IV e li renderebbe quindi cittadini borgognoni, dove spicca la futura Miss Marple schermica Margaret Rutherford e Whisky a volontà di Mackendrick (seguito da Whisky sì, missili no, mentre Whisky, cognac e libertà di Derek Twist è solo sulla scia della produzione Ealing e procurò a Richard Burton lo sbarco a Hollywood) in cui spadroneggia ancora, con sottile corrosività, la carica anarchica del popolo detonata da un cargo imbottito della sostanza alcolica del titolo che si arena sulle coste scozzesi delle Èbridi e mette in stato di tentazione gli abitanti spossati dal razionamento statale sempre post seconda guerra mondiale. A 18, anzi 24 carati anche la doppietta di 2 anni dopo: L'incredibile avventura di Mr. Holland di Charles Crichton, definito acutamente da Emanuela Martini un "congegno esemplare di cattiveria astratta" in cui brilla nuovamente l'ingranaggio Alec Guinness, pacato impiegato della fonderia di Stato che cede dopo 20 anni di onorato servizio alla tentazione di rubare alcuni lingotti d'oro che gli sfilano continuamente davanti per trasformarli in piccole torri Eiffel da rivendere, e che vanta una fugace apparizione di Audrey Hepburn,


mentre in Lo scandalo del vestito bianco di Mackendrick il vessillo attoriale Guinness è un chimico che crea una rivoluzionaria fibra indistruttibile e non sporcabile che semina lo scompiglio tra gl'industriali e instilla nella spensieratezza, marchio di fabbrica Ealing, una venatura di surreale angoscia velata dalla vispezza comica usuale. Spaziando, poi, ondivagamente Patrizia e il dittatore, girato nel '37 da Victor Saville con una coppia protagonista che risponde ai prestigiosi nomi di Vivien Leigh e Rex Harrison, mostra già agli albori produttivi alcuni marchi di fabbrica della classicheggiante Ealing: eleganza, humour e leggero candore, affinati nel '46 con la prolificità inventiva e scanzonata di Piccoli detectives di Charles Crichton (il futuro regista di Un pesce di nome Wanda) in cui dei ragazzini londinesi sgominano una banda di criminali che usa il loro giornale a fumetti preferito per scambiarsi ordini e piani, così come il magnifico Incubi notturni (noto per il leggendario episodio Il pupazzo del ventriloquo di Alberto Cavalcanti, dove un grande Michael Redgrave ispira 33 anni prima l'Anthony Hopkins di Magic) se ne distacca, col suo gioco di scatole cinesi, per il raffinatissimo goticismo d'impianto, imprevedibilmente miscelato con la formidabile capacità Ealing di miscelare registri apparentemente inamalgamabili quali la commedia, il melò, il thrilling, l'horror e il surrealismo. E pellicole come Un uomo chiamato uomo (1978) con Richard Harris, L'inglese che salì la collina e discese dalla montagna (1995) con Hugh Grant e Big Fish (1997) con Kate Beckinsale, citano smaccatamente lo stile e l'adrenalina Ealing, confermandone l'influenza più o meno sotterranea esercitata nei decenni successivi. Purtroppo l'altalenante cinefilia dei fratelli Coen ha smerciato solo fumo senz'anima come il prof. Dorr di Hanks e non ha saputo far rivivere (come era accaduto alla screwball-comedy anni 30 citata malamente nel deludente Prima ti sposo, poi ti rovino) "l'artusiana ricetta Ealing": soffici soufflé che non scoppiavano mai, ma emanavano un profumo magico materializzando sul telo bianco l'impalpabile, soave fragranza dei dolci di una volta, fatti con l'amorevolezza e quegl'ingredienti genuini che nell'era dei coloranti, dei conservanti e dei McDonald's rimangono solo nei ricordi orali tramandati da un vecchio zio cuoco o da una nonna casalinga.

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