Alien: Romulus, di Fede Álvarez

Un omaggio alla saga di Alien e al suo linguaggio, di carne e sangue, pulsante, vivo, appassionato. Un approccio, quello del cineasta, decisamente affascinante.

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Forse il centro di tutto potrebbe essere Andy, l’androide “fratello” della protagonista Rain, un robot vecchio di anni, con i processori quasi arrugginiti ma che appare giovane e parla e pensa come se avesse ancora dodici anni. Come al solito, nella saga di Alien, la pietra di volta la custodisce l’elemento macchinico.

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Andy, robot giovane/vecchio, si carica del paradosso a suo modo “generazionale” che regge il film. Perché in Alien: Romulus, prima di qualsiasi caccia allo xenomorfo c’è una guerra parricida che contrappone i figli ai propri padri, alla ricerca di una qualche rivalsa su disperato sfondo operaista. Ne sono convinti i giovanissimi protagonisti, seconde generazioni di coloni ormai morti tra i lavori in miniera e inspiegabili malattie, che decidono di fare gruppo e di saccheggiare una stazione di ricerca alla deriva per recuperare l’equipaggiamento necessario al viaggio ipersonico con cui potranno abbandonare, finalmente, il pianeta reietto che chiamano casa. Ma Tyler, Kay, Navarro e gli altri membri della squadra che su quella stazione di ricerca finirà per scontrarsi con lo xenomorfo sembrano già adulti, ragazzini, sì, ma come quelli di certo cinema anni ’80 à la Mark Lester, maturi, temprati dagli eventi avversi.

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Parrebbe un nuovo, sghembo ma affascinante cedimento all’imperante Retromania, all’idea di passato da cui proviene Alien, ma è davvero così? In realtà Alien: Romulus è evidentemente il capitolo più contemporaneo della saga, innervato com’è da un certo gusto per la gamificazione e per il suo immaginario, per il saccheggio, il looting in cui si avventurano i protagonisti, per le ovvie concessioni al mondo degli FPS ma anche per gli accenni a spazi che sono quelli classici ripensati però per un mondo che ha giocato a certi “figli nobili” videoludici della saga, da Alien: Isolation allo straordinario Dead Space. Ma certamente sono curiose le tensioni che muovono queste suggestioni, ben piantate, ancora, in un confronto generazionale in cui sembrano invertirsi i ruoli, teso tra le ossessioni dell’ultimo Ridley Scott (qui produttore), quello ai limiti del transumanesimo, che da tempo riflette sulla dimensione liquida, digitale, dell’immaginario e Fede Álvarez, sorta di Ronin “analogico”, a cui spetta riportare tutto a terra, costruire uno spazio ed una narrazione grounded, prevedibilmente molto controllata, che gli permette però di far emergere certe sfumature inattese del suo sguardo. Perché il suo gusto per la gore è chiaramente sempre lì, ma Alien: Romulus riscopre un certo gusto classico per la suspense, costruita tutta in montaggio alternato, tra silenzi e attenta preparazione dell’esplosione di orrore.

Alien: Romulus è un omaggio alla saga di Alien, soprattutto al suo linguaggio, si potrebbe dire. Ma se davvero lo è, certo l’approccio di Álvarez è a suo modo affascinante, evidentemente attratto com’è da tutto ciò che c’è sullo sfondo più che dal primo piano, da quest’estetica working class, dal gusto ’70s degli schermi LCD, da una mitologia visiva usata soprattutto come cassetta degli attrezzi da cui prelevare e rimettere in circolo ciò che serve senza troppe cerimonie. E così di Scott emerge soprattutto l’attitudine da creatore di spazi visivi (c’è forse anche lui dietro alla bellissima sequenza del decollo della navetta dalla colonia), puro strumento, tuttavia, da accantonare per seguire, attualizzare, nuove suggestioni/omaggi al monster movie, quello più sporco, borderline però, da Dante a Cameron.

Se davvero è un omaggio a un intero mondo, allora, Alien: Romulus è un omaggio di carne e sangue, pulsante, vivo, appassionato, forse unico antidoto alla fredda Retromania, che certo faticherà a dettare la linea, a divenire pratica al di fuori della bottega di Álvarez.

Titolo originale: id.
Regia: Fede Alvarez
Interpreti: Cailee Spaeny, Archie Renaux, Isabela Merced, David Jonsson, Spike Fearn, Aileen Wu, Rosie Ede, Trevor Newlin
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Durata: 119′
Origine: USA, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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