Anywhere Anytime, di Milad Tangshir

Il regista mutua il canone da Ladri di biciclette per un’opera che trafigge il cuore, muovendosi con equilibrio tra dramma e speranza. VENEZIA81. Settimana Internazionale della Critica

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Tu hai la tristezza negli occhi” dice a un certo punto del film una signora a Issa, che l’ha aiutata a portare in casa le pesanti borse della spesa per poi fermarsi a raccontarsi le reciproche storie davanti a un caffè. Lui è un immigrato senegalese senza documenti, arrivato in Italia da solo mentre la madre e lo zio sono rimasti in Senegal, e che ha perso il lavoro a causa del suo essere irregolare. L’amico Mario, senegalese anche lui, decide di aiutarlo prestandogli il proprio equipaggiamento da rider – uno smartphone e una borsa frigo – oltre che cedendogli il suo profilo sulla piattaforma Anywhere Anytime, che si occupa di consegne a domicilio. Issa compra una bicicletta usando tutti i pochi soldi che ha e comincia a pedalare per le strade di Torino consegnando gli ordini. È proprio durante una di queste consegne che gli rubano la bicicletta. Comincia così il suo errabondare per la città, tra mercati dell’usato e annunci online, determinato a ritrovare quell’unica boa di salvataggio nel mare urbano in cui è precipitato, prigioniero di un vortice di eventi che si fanno via via più disperati.

Al suo esordio alla regia di finzione, il regista Milad Tangshir sceglie di raccontare la storia di tanti “visibili-invisibili”, la vita di un ragazzo qualsiasi che è quella di molti, ma è anche quella di anziani, poveri, emarginati, malati che si ritrovano ugualmente soli, dimenticati o ignorati, innescando dinamiche di prevaricazione o mutuo soccorso. Tangshir attinge senza timore la matrice da Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, arricchendolo di un’impellenza contemporanea che trafigge il cuore. Filma Torino come un brulicare incessante, di gente, di voci e rumori, il lavorìo costante di anime che devono in qualche modo arrivare alla fine della giornata portandosi a casa qualcosa, che siano pochi centesimi raccolti fuori da un supermercato, un piatto di pasta alla mensa dei poveri o una bicicletta rubata per poter lavorare, in condizioni di precarietà assoluta, spesso incontrando il sordo rifiuto di quelli a cui non costerebbe quasi nulla dare una mano.

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Non è un film di denuncia Anywhere Anytime, ma si veste di un neorealismo 2.0 che osserva e racconta ciò che vede senza pietismo, forse con misura fin troppo chirurgica nell’incastrare ogni elemento narrativo. Il film si muove con grande equilibrio tra il dramma e i momenti di sospensione, tra diurne corse a perdifiato a rincorrere quell’unica concreta possibilità di sopravvivere e notturne sequenze di tenerezza e condivisione, dove abbandonarsi ai desideri fa quasi paura. Nello sguardo di Issa c’è davvero quella tristezza, che mai cede alla totale disperazione, e fa da contrappeso alla levità della scena finale. Il mare restituisce tutto.

La valutazione della serie di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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