Atavista di Childish Gambino: musica in aggiornamento

Il disco è una ulteriore prova dell’avvenuta deflagrazione del modello distributivo nell’industria musicale contemporanea, oltre che una riconferma dell’immenso talento di Glover/Gambino

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Quello stupendo disco del 2020 3.15.20 di Childish Gambino portava già nel titolo e nella nomenclatura delle tracce degli indizi sul reale stato di salute dello stesso – e a dirla tutta anche dell’autore. Quando uscì venne naturale pensarlo in quanto progetto pronto alla distribuzione, e mettere da parte ogni dubbio riguardo quella strana decisione editoriale. Gambino però ha scelto, a distanza di quattro anni (!) di concludere il disco, ampliarlo, finirlo. Ecco che quindi esce il 13 maggio Atavista. Ma cosa significa oggi, dopo la totale affermazione delle piattaforme streaming, pubblicare un disco, vista la perenne possibilità di modifica, riordinamento e aggiunta delle tracce?

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Per affrontare al meglio il discorso riguardo la fluidità della musica oggigiorno, abbiamo bisogno di tornare indietro di qualche anno. È nel 2022 infatti che Kanye West, mosso dalla volontà di combattere il monopolio delle piattaforme in streaming, sceglie di rilasciare il suo (fallimentare) Stem Pack. Questo strano oggetto, venduto alla cifra di 200 dollari, permetteva di missare le canzoni già esistenti a proprio piacimento. All’epoca del rilascio, nello Stem Player era già incluso Donda 2, quindi con la possibilità personalizzare totalmente l’ascolto. La peculiarità dell’oggetto ideato e promosso da Kanye infatti è proprio quella di scegliere autonomamente come ascoltare il brano, o l’intero disco. “Potete ascoltare la canzone esattamente come è stata presentata e preparata, ma c’è un’opzione per ascoltare solo la batteria, ascoltare solo il basso, togliere la voce o ascoltare solo quella quando siete dell’umore giusto per immergervi completamente nei testi” ha dichiarato Alex Klein, co-creatore dello Stem Player e CEO della società britannica Kano Computing – impiegata nella creazione del prodotto.

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Modellare singolarmente il consumo dei prodotti è senza dubbio uno dei nodi centrali del contemporaneo, e del web 2.0. Queste modalità di fruizione libera e open source, come ben sappiamo, sono state poi tristemente soppiantate dal possesso del traffico da parte delle piattaforme; che oggi si sono sostituite al libero transito e scambio promosso dal web delle origini. Eppure non tutto è perduto. Perché tra le personalità dello statement contemporaneo Donald Glover sembra continuare ad attingere moltissimo dalle idee democratiche e liberal dell’Internet delle origini. Atavista è solo l’ultimo degli esempi. Nella nostra recensione del 2018 di Atlanta Francesca Bea descriveva il talento di Glover in questi termini: “l’ascesa come musicista, è costruita anche grazie alla capacità di pensare internet come un modo di essere e di abitare un mondo 2.0, nel quale il processo artistico è libero di mandare in frantumi tanto il vecchio regime delle classificazioni, quanto le tradizionali regole produttive.”

Queste parole sembrano rivelare la loro intuitività appieno. Perché Donald Glover, passo dopo passo, sta riuscendo a creare una mappa espansa della sua poetica d’autore; quasi come quella che lega i film di un grande cineasta. Atlanta è un responso lucidissimo delle contraddizioni di un clima indissolubilmente legato alla società iperconnessa di oggi. E con le sue mille tracce politico-socio-comportamentali mostra l’anima di un artista inesauribile, che più di chiunque altro è riuscito a capire come le cose muovono il mondo intorno a noi.

Atavista, riedizione o conclusione di 3.15.20, formalmente è il prosieguo della discografia di Childish Gambino. È un disco ineccepibile nella forma e nel contenuto, nel quale sentiamo tornare i suoi alieni di Aweken, My Love e le percussioni afro-caraibiche di Kauai. Stavolta però a fare da comun denominatore sembra essere anche una certa passione ritrovata per il synth pop anni ‘80/90, come a voler strizzare l’occhio all’effetto nostalgia tipico del mercato e a cui tutti noi sembriamo ormai assuefatti.

Anche a fronte di un analisi critica e analitica di Atavista però lo sconcerto sembra comunque persistere. Difatti nonostante abbiamo scritto del disco all’uscita, nel 2020 (qui la recensione di 3.15.20) non abbiamo alcuna certezza riguardo la forma finita. I dubbi vengono ancora meno se pensiamo al modo, conclamato oramai, di agire di un Donald Glover o di un Kanye West. La fruibilità sta innegabilmente cambiando giorno dopo giorno, come a riconferma del fatto che i punti di riferimento (fisici e immaginari) del presente sono null’altro che stringhe di codici o reindirizzamenti algoritmici effettuati in post. Allora tanto vale acquistare uno Stem Pack, che ancora si affida al supporto fisico; anche se in una forma del tutto assurda, contro intuitiva, quasi aliena.

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