BERLINALE 64 – Aimer, boire et chanter, incontro con il cast
Aimer, boire et chanter, la commedia del regista francese Alain Resnais in concorso alla 64' edizione del Festival del Cinema di Berlino, è stato presentato dal cast al completo. Presenti in sala anche lo sceneggiatore Jean-Marie Besset e il produttore Jean-Louis Livi.
Aimer, boire et chanter, la commedia del regista francese Alain Resnais in concorso alla 64' edizione del Festival del Cinema di Berlino, è stato presentato dal cast al completo, con Sabine Azéma, Sandrine Kiberlain, Caroline Silhol, André Dussollier, Hippolyte Girardot. Presenti in sala anche lo sceneggiatore Jean-Marie Besset e il produttore Jean-Louis Livi.
Qual è stata la scena più divertente durante le riprese del film?
André Dussolier: Tutto il film è stato ssolutamente perfetto, Resnais è affidabile e crea attorno a lui un'atmosfera positiva, di fiducia e grande armonia. Hippolyte Girardot: Dopo le riprese ero curioso di sapere come sarai apparso sul grande schermo. In particolar modo, c'è stato un monologo che è stato girato molte volte in maniera sempre diversa, ed ero curioso di sapere quale versione fosse stata scelta.
Il film si chiama "amare, bere e cantare". C'è una connessione con la storia che viene raccontata?
Jean-Louis Livi: Questo titolo è stato scelto perchè funziona, è molto musicale. Resnais è sempre attento ai titoli che sceglie per i suoi film e ama questo tipo di combinazioni. In questo caso c'è anche il gioco di parole "aimer" A, "boire" B e "chanter" C, quindi il risultato delle iniziali è un sequenza di ABC.
Il film è basato su un'opera teatrale di Alan Ayckbourn. Quanto è stato mantenuto della sceneggiatura cinematografica dell'opera originale?
Jean-Marie Besset: La sceneggiatura ricalca esattamente l'opera teatrale. Resnais ha sempre avuto una relazione particolare con la letteratura sin dall’inizio del suo lavoro. È la terza volta che adatta un'opera di Alan Ayckbourn, dopo Smoking, No Smoking e Cuori, e per rispetto verso l'autore non vuole cambiare nulla. Il suo lavoro è creare un film che abbia una dimensione teatrale.
C'è voluto molto tempo per trovare i finanziamenti per questo film?
Jean-Louis Livi: Sono passati molti anni. È difficile trovare finanziamenti per qualunque prodotto. Resnais fa un tipo di cinema particolare, per cui è difficile trovare soldi. Lui crea ciò che desidera, senza porsi problemi, è un genio come Polanski ed è in grado di portare la Francia nel cinema. Ormai fa parte dell'immaginario francese ed è un autore senza tempo che segue senza sosta il suo flusso creativo.
Oltre che un adattamento questo film è una traduzione dall'inglese al francese. Ci sono state particolari difficoltà nel riprodurre lo spirito originario in un'altra lingua?
Jean-Besset: Nella mia carriera ho tradotto e adattato molto, anche grandi autori come Tom Stoppard, The Importance of being Earnest, e altri testi teatrali insipirati di Oscar Wilde. Per me è stato un grande onore. La cosa più importante in un'opera come questa è mantenere il ritmo e la musicalità. Così quando si fa adattamento bisogna ricreare il ritmo.
Il passaggio dall'inglese al francese ha influenzato anche l'interpretazione degli attori che hanno parlato francese in un contesto inglese. Come è andato questo esperimento?
Sabine Azéma: Parlare un'altra lingua può minare la sospensione dell’incredulità, ma la cosa puù importante è ricreare lo stile di vita dei personaggi che si interpretano, entrare nella loro pelle. E questa è la chiave del lavoro di Resnais. Dovevamo sentirci inglesi ed essere credibili. Poi Resnais è un regista intelligente, e ha la capacità di narrare un film trasformandolo in uno stimolo per l’immaginazione. Resnais ha sempre strizzato l’occhio al teatro, da Oscar Wilde a ?echov, mettendo il teatro nel cinema e creando un teatro adattato in film. Resnais è una roccia salda nella tempesta che sta travolgendo il mondo del cinema, ha un approccio all'arte esemplare, e noi ci fidiamo di lui.