Beverly Hills Cop III – Un piedipiatti a Beverly Hills III, di John Landis

John Landis firma il capitolo più travagliato, meno a fuoco, della saga, ma anche quello più convintamente postmoderno, che ragiona su quanto lo stesso Foley sia divenuto un polveroso action hero

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Passano gli anni, cambiano gli equilibri, cambia il cinema. E Beverly Hills Cop III è davvero paradigmatico in questo senso. Il primo a essere diverso è proprio Eddie Murphy, sempre più sulla cresta dell’onda del cinema che conta e della cultura pop in generale. Tant’è che lui per primo questo film non lo vuole fare, dichiarando senza troppe remore che rientrerà in gioco solo a fronte di un grande ingaggio. I soldi, ad un certo punto, arriveranno, ma la preproduzione del film nasconde non solo la fatica della squadra a presentare uno script che convinca davvero ma anche la difficoltà di far girare nuovamente gli ingranaggi della macchina dopo una pausa di sette anni. Vale anche per la Paramount e per lo stesso Murphy, che provengono dal tonfo della commedia Il distinto gentiluomo, talmente forte da costringere la produzione a tagliare il budget della nuova avventura di Axel Foley. Così mentre Simpson e Bruckheimer abbandonano il progetto, seguiti poco dopo da Joel Silver, altro straordinario produttore pop di quegli anni, il film passa in mano alla coppia Rehme/Neufeld e in regia viene chiamato John Landis, quasi un pigmalione per Murphy, che proprio attraverso i “suoi” Una poltrona per due e Il principe cerca moglie ha trovato alcuni dei suoi maggiori successi popolari.

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Landis pare in effetti l’unico a poter maneggiare lo stranissimo script di questa terza avventura, che vedrà Foley indagare sulla banda di falsari che ha ucciso il suo capo, i cui membri si nascondono dietro alla rispettabile copertura di addetti alla sicurezza di un parco di divertimenti californiano. Ma “messa su strada” la storia è già scarica. Si parte bene, grazie anche ad un prologo nelle corde del regista, teso, retto da un equivoco che sa di Tutto in una notte ma Landis pare perdere interesse fin da subito nel racconto, quasi si distrae fin dal successivo inseguimento, rigido, tutto sommato anonimo. Si potrebbe quasi dire che Landis non voglia essere uno strumento della produzione, cerchi piuttosto il “suo” film, la sua voce.

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Così sottotraccia forza le linee del racconto, porta in primo piano spunti inattesi. Capita quindi che i momenti migliori di Beverly Hills Cop III siano quelli satirici, che riflettono sui meandri insensati della burocrazia, sulla natura profonda del parco di divertimenti come luogo esperienziale, su quanto la postmodernità stia ripensando l’intrattenimento, su quanto le ride siano sempre più vicine ad un cinema immersivo.

E forse quella del gioco, dell’ironia, sembrano le uniche vie per spiegare questo Foley in apparenza lontano da quello dei film precedenti, ironico ma anche sanguigno, aggressivo, insolitamente drammatico, pronto a sbattere, però, contro uno spazio che fatica a prenderlo sul serio, che avrà il suo momento di gloria nella lunga sequenza della ruota panoramica (forse uno degli stunt più belli di tutta la saga) ma che verrà ricordato soprattutto per lo straordinario duello finale con il fucile/boombox, sorta di anarchica parodia dell’arma di Commando.

Sembra l’apice di quella rilettura “leggera” della virilità eroica da cui partì la saga ma è tutto così scoperto, smaccato, da lasciar intendere che Murphy/Foley sia vittima prima che complice del gioco. Come a dire che, comunque, non è più tempo per eroi di quel tipo. Lo hanno capito McTiernan e Shane Black con Last Action Hero, l’anno prima e l’ha capito anche Landis, che forse firma il capitolo più convintamente postmoderno della saga, quello che racconta meglio la dimensione apocalittica, inerte, del frammento. Non è un caso, forse, se, nell’evocare la tradizionale cinefilia della saga Landis si spinga fino a La signora di Shanghai, al cui labirinto di specchi guarda per la sparatoria finale. Sarà il riferimento più lontano, nel tempo, tra quelli evocati fino a quel momento, come a lasciar intendere che anche la saga di Foley rischia di divenire un polveroso reperto legato ad un cinema in crisi. Almeno fino alla prossima volta.

 

Titolo originale: Beverly Hills Cop III

 

Regia: John Landis
Interpreti: Eddie Murphy, Judge Reinhold, John Ashton, Brigitte Nielsen, Ronny Cox, Jürgen Prochnow, Dean Stockwell
Durata: 104′
Origine: USA, 1994

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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