CANNES 58 – Nordest-Sudest… La natura sfuggente del cinema

Due film lontani un emisfero, uniti dal corpo (calloso) dei conflitti e del degrado. Cinema (sul) dimenticato, che ha bisogno solo di un avanposto al centro dei tormenti e delle ingiustizie. A proposito dell'argentino Juan Solanas, con "Nordeste", e del cingalese Vimukthi Jayasundara, con "La terra abbandonata", nella sezione Camera D'Or.

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La sezione Camera D'or (in giuria c'è anche Roberto Turigliatto, Direttore del TorinFilmFestival) sembra proprio un punto di forza imprescindibile del festival. Le sorprese potrebbero arrivare proprio da qui. Il cinema distante un emisfero, congiunto dal corpo (calloso) dei conflitti e del degrado. Cinema (sul) dimenticato a cui è sufficiente una capanna al centro dei tormenti e dei drammi. Per l'argentino Juan Solanas (figlio di Fernando), vivere da anni in Francia è stato necessario per scoprire uno sguardo assolutamente originale sulla sua terra d'origine. È proprio attraverso una francese (Carole Bouquet) che gli occhi si aprono.  In Argentina c'è uno dei più grandi mercati d'organi di bambini al mondo. Figli di nessuno, venduti dalle madri biologiche per soldi. Noi europei siamo tra i maggiori acquirenti, anche perchè in molti paesi dell'Unione vige un limite d'età per poter adottare legalmente un bambino. Nordeste è girato nella regione di Formosa, una delle più povere del Paese, ma nello stesso tempo ricca di tradizioni e di cultura (si parlano ben quattro lingue). Dal film tutto ciò traspare (bellissime sono le musiche del bandoneonista Dino Saluzzi e la voce di Liliana Redo). Ma c'è dell'altro: una capacità sorprendente nel passare e assorbire diverse cifre stilistiche, come quella documentaristica e cromatica. D'altronde non bisogna stupirsi più di tanto: ormai il cinema argentino, da qualche anno a questa parte, ha regalato importanti firme. Basti pensare a Pablo Trapero, Burman, Lucrecia Martel, Albertina Carri (quest'anno alla Quinzaine des Realisateurs). Ecco che il dramma dei bambini diventa un pretesto per mostrare quanto il Paese impoverito ma certamente non povero, sia rimasto in aree vastissime assolutamente indietro. Complice la recessione economica, complice un apparato politico-sociale che divora i piccoli. Il paradosso è illuminante: l'Argentina, uno degli stati più indebitati, è in una posizione di forza, minacciando di non pagare e disinteressandosi ad avviare un serio programma di crescita che coinvolga l'intera popolazione e interdica il controllo occidentale.

Dall'altra parte del mondo, nello Sri Lanka, dopo le favolose opere di Lester James Peries. In realtà il regista, appena ventottenne, è anche lui francese d'adozione per aver studiato alla Fresnoy. La terra abbandonata immortala gli effetti della guerra civile tra governo e ribelli tamil, rimasta ancora senza soluzione. La guerra, smotta, distrugge, cambia le facce, i desideri, i respiri. La guerra resta una parentesi aperta che di notte o alle prime ore dell'alba s'aggira facendo rumore di cingoli e alzando la canna da fuoco come presagio di sventura. Né guerra, né pace, solo il vento che soffia. Dio è assente ma il sole si alza ancora su una casa isolata tra due alberi in terra desolata. Una mano esce dall'acqua e mendica aiuto, una donna giunta da una leggenda cerca l'amore. Un soldato uccide uno sconosciuto e la colpa lo incatena. Testo visuale d'immagini fisiche, di luoghi, stati d'animo, sensualità. Nel suo formalismo impeccabile e inusuale questo cinema ricorda gli ultimi film di Gotham Ghose per la ricerca del fermo immagine estetizzante, ma anche accademico e contemplativo. Allora le guerre (soprattutto quelle colonialiste) devastano, normalizzano, appiattiscono il territorio immaginativo e creativo. Quando potremo vedere a Cannes e in altri mega Festival, il cinema dei padri fondatori? Sporco, difettoso, ingenuamente meraviglioso…           

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