Cannes 77 – Caught by the Tides: incontro con Jia Zhang-ke e il cast

Il grande regista cinese ha parlato della genesi del suo film, in Concorso a Cannes. Presenti anche l’attrice principale Zhao Tao e il direttore della fotografia Yu Lik-wai

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Il cineasta cinese Jia Zhang-ke è in concorso per la Palma d’Oro col suo Caught by the Tides. Ha tenuto una conferenza stampa questa mattina a Cannes, insieme al produttore, l’attrice principale Zhao Tao e il direttore della fotografia, Yu Lik-wai.

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La prima domanda, rivolta proprio al regista riguarda il processo creativo dietro al film. Jia Zhang-ke ha spiegato: “Provo a lavorare al progetto dal 2001. All’epoca lavoravo con un team molto ristretto, specialmente con direttore della fotografia. E viaggiavamo in Cina, riprendendo qua e là, senza nessun particolare scopo, con una piccola camera digitale; quindi ai veri albori del cinema digitale. E ovviamente abbiamo collezionato un certo numero di immagini, specialmente documentaristiche. Ma a volte ho dato particolari indicazioni al mio team per fare un film in quel modo specifico. Quindi alla fine avevamo più un documentario che un film di finzione. Venti anni dopo quei momenti, dopo la fine della pandemia, abbiamo scelto di riprendere in mano quelle immagini e vedere cosa sarebbe successo. Il progetto è nato principalmente da questo.

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Zhao Tao, attrice principale di Caught by the Tides, ha spiegato come si è preparata per questo ruolo. Zhao Tao racconta: “Devo dire che all’inizio non ero molto sicura di aver capito bene di cosa si trattasse il progetto e il personaggio che avrei dovuto impersonare in questo film. Ho parlato con Jia Zhang-ke per dipanare ogni mio dubbio al riguardo. Il mio personaggio lavora in un supermercato, vende frutta e verdura. E mi sono subito chiesta cosa il regista volesse trasmettere con il mio personaggio. Mostrare qualcuno nel contesto lavorativo quotidiano? È abbastanza importante capirlo, perché lei ha un lavoro ma si sente bloccata in quella vita. Sono dovuta andare e documentarmi in questi posti quindi, dove lavorano i commessi. Tra le cose che imparato c’è anche il fatto che la vita di questi commessi, circondati da tutti i tipi di merce, in un certo senso è una vita molto materialistica. Ho incontrato e parlato con molti cassieri, e tutti mi hanno aiutata a costruire questo personaggio durante la pandemia.”

Jia Zhang-ke parlando dell’uso massiccio presente in Caught by the Tides del materiale d’archivio (found footage) e del processo di selezione dello stesso, spiega che “i primi materiali d’archivio risalgono ai primi anni ’00 e quando ho visto il materiale che realizzai all’epoca pensai subito che era un processo veramente arduo quello della digitalizzazione, o anche del trasporto del materiale su un supporto come può essere l’hard disk. E pensando anche al periodo precedente a questo mi sembra passata una vita intera. E un sacco di gente è cambiata, parlo delle idee di massa come il modo di parlare o di vestire o di muoversi. Quindi per me è stato un processo per rivivere le emozioni che avevo quando giravo quelle cose, agli inizi ’00. E nonostante gli aspetti emozionali e visivi che ho trasposto sullo schermo c’è proprio una restituzione di questa idea del modo in cui le cose cambiano, le persone cambiano, il mondo attorno a noi cambia. All’epoca, specialmente agli inizi del digitale per i cineasti sembrava una vera rivoluzione, soprattutto per la possibilità che questa offriva… è molto emotivo per me il fatto di mettere da parte la narrazione e pensare anche alla composizione visiva e sonora di un’opera. Perché mi da il potere di scegliere realmente cosa inserire e cosa no. È comunque un processo duro e faticoso, che a me ricorda quasi una forma di amore.

Leggendo la sceneggiatura” spiega Yu Lik-wai “ero abbastanza scettico. La mia responsabilità era di stabilire una continuità nel montaggio e nello stile. E anche capire come usare tutto questo materiale e farlo diventare un’unica entità. Per me questo non è un film convenzionale. Non è un film che semplicemente parla del passato e torna al presente. Per me è un film molto originale perché è possibile davvero vedere come le cose evolvono, e il cambiamento delle persone è tangibile, nel corso di più di venti anni. Ce lo dicono le immagini. E per me era molto intrigante capire cosa sarebbe venuto fuori. Quando ho visto le immagini ho potuto vedere le idee e le intenzioni dietro la macchina da presa. Quando mi è stato offerto questo progetto, e facendo le mie ricerche ho capito che voleva trovare un nuovo stile per le immagini, molto emozionale. Quindi è stato molto importante per il film stabilire una sorta di proprietà delle immagini e combinare tutte le emozioni in un unico modo. Per questo è stato necessario rilavorare parecchio il montaggio e le immagini, per dare una composizione compatta e usare le immagini in modo coerente. Ma anche per non tralasciare l’aspetto intimo e poetico del film.

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