Cutro Calabria Italia, di Mimmo Calopresti

Il cinema è lo scenario in cui le convergenze delle storie si fanno evidenti, con la sua sintesi efficace e il suo nomadismo mette insieme i pezzi di una complessa verità. Su RaiPlay

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Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci,
asiatici, e di camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a malandrini:
“Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!”
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
(…)
Da Profezia, di Pier Paolo Pasolini (1964)

È istintivo, come lo è stato per il regista calabrese, legare il nome e le opere di Pasolini alla Calabria, a quella immagine che di questi luoghi emerge dai ritratti di questi anni, affondati tra le onde di quel sacrario cimiteriale che è diventato il Mare Mediterraneo. In fondo era stretto, sebbene non sia stato forse sempre così evidente, il legame che univa il poeta friulano a questa regione e di cui pensava, come rispose ad un suo lettore: Tra tutte le regioni italiane, la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche in fondo, di bellezze naturali (…) La Calabria è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche abbandonata. I versi di Profezia (Alì dagli occhi azzurri), che chiudono il film e qui aprono queste brevi note, raccontano con tragica potenza e incredibile anticipazione il senso di una lunga tragedia che ha radici lontane che sembrano camminare sotterranee e unire altre tragedie, altri corpi e altre voci.
Calopresti, da eterno calabrese, mai sfuggito in fondo alla fascinazione di una terra che ama, ha raccontato con l’ansia di un esordiente e la sapienza di un autore esperto, il dolore che alberga non tanto o non solo in chi è stato duramente colpito da quella immane apocalisse di quel 26 febbraio sulla spiaggia di Steccato di Cutro, ma intende mettere a nudo proprio questa partecipazione calabrese, in una mai cessata solidarietà istintiva e generosa dei locali verso persone riconosciute come sconosciuti fratelli.

Cutro Calabria Italia con la sua sintesi efficace e il suo nomadismo utile a mettere insieme i pezzi di una complessa verità che emerge potente dalle immagini e dalle parole dei giornalisti locali, dagli addetti alla Protezione Civile o della Croce Rossa, di Medici Senza Frontiere o da quelle del Papa, getta una ennesima luce su quella tragedia e indirettamente sulle altre che hanno avuto lo stesso esito. Calopresti entra nella scena – come già avvenne in La fabbrica dei tedeschi, il film sul disastroso e mortale incidente alla ThyssenKrupp – e come sempre la sua è una partecipazione attiva, una condivisione istintiva del dolore e del dramma. Il suo cinema, ancora una volta, rifuggendo ogni reazione immediata, si fa riflessione e testimonianza di una violazione dei diritti, identificando sempre più il regista calabrese come uno dei pochi – per fortuna non dei pochissimi – che ancora credono nel cinema come possibile strumento di intervento politico. Calopresti utilizza le relazioni che Pasolini ebbe a vario titolo con la Calabria per condurre sul filo rosso di quelle emozioni il suo film, punteggiato dalle immagini di Vangelo secondo Matteo. Un richiamo al padre di ogni scandalo, di quel “Io so…”, un ritorno al passato, ancora una volta, per comprendere il presente per quel lavoro su quel cinema di impegno civile che oggi sembra un vero scandalo etichettare così. Ma è proprio il cinema, invece, che diventa lo scenario in cui le convergenze delle storie si fanno evidenti, in cui la sintesi di una storia che dura da anni torna ad amplificarsi con l’aiuto delle immagini e delle parole del poeta friulano, che così tanto avanti aveva visto ciò che i nostri occhi e la macchina da presa di Calopresti, oggi, guardano di nuovo con lo sgomento di chi quasi impotente assiste al consumarsi di un ennesimo orrore.

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Regia: Mimmo Calopresti
Distribuzione: RaiPlay

Durata: 71’
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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