Cyborg 009 vs Devilman, di Jun Kawagoe

L’incontro/scontro delle due icone fumettistiche si inabissa spesso in un mero tributo nostalgico, capace solo a tratti di ragionare sul posizionamento di queste figure nell’immaginario contemporaneo.

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L’incontro/scontro di più icone della cultura pop nipponica all’interno di un universo condiviso non è una pratica così inusuale se si pensa alla (lunga) storia produttiva degli anime e alle strategie commerciali su cui si è sviluppata. Proprio negli anni ’70, in nome di un mercato che da nazionale iniziava a diventare sempre più cosmopolita e globalizzato, Toei Animation ha dato vita ad alcuni crossover dalla grande trazione popolare come Mazinga Z vs Devilman (1973) o Il grande Mazinga contro Getta Robot (1975) codificando così una fortunata operazione industriale che ha permesso nel tempo, ai vari studi d’animazione – si pensi anche all’ultimo Lupin III vs. Occhi di gatto – di capitalizzare l’investimento emotivo nonché il grado di fidelizzazione di ampie platee di spettatori, e di enfatizzarlo grazie alla commistione di storie sì apparentemente incompatibili, ma mai veramente incongruenti. Soprattutto da un punto di vista iconografico. Ed è alla luce di questi fenomeni che dobbiamo rileggere il senso di un’operazione cinematografica come quella che risiede alla base di Cyborg 009 vs Devilman.

Prodotto dallo studio Actas, il crossover in questione si pone in netta continuità con le strategie che hanno storicamente dominato l’orizzonte animato nipponico, tanto da delegare ogni sua istanza alla coniugazione, all’interno di una stessa dimensione filmica, di due delle icone più popolari ed emblematiche sia dell’industria fumettistica nipponica, che di quella anime. Già dal titolo, Cyborg 009 vs Devilman si promette di revisionare i codici che hanno attraversato le pagine dei rispettivi manga di Shōtarō Ishinomori e di Gō Nagai, per poi individuare nel confronto fisico (e valoriale) dei personaggi un fil rouge che giustifichi l’operazione, al di là delle mere motivazioni commerciali. E per farlo, articola un racconto tutto incentrato sul posizionamento culturale di queste icone del passato nell’immaginario collettivo odierno, tendente verso panorami più “evoluti” in cui i protagonisti di tali narrazioni rischiano di risultare anacronistici, in faccia all’avanzare inesorabile del tempo.

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Gli elementi appena delineati emergono già a partire dall’incipit: la città di Tokyo è in procinto di essere invasa da un’orda di demoni, e i nove cyborg originariamente creati dall’organizzazione Spettro Nero si trovano adesso in conflitto con il Devilman nagaiano, data la sua natura demoniaca. Ma lo scienziato-guida della setta, il Dottor Addams, lancia una nuova linea di esseri robotici, meccanicamente più evoluti rispetto ai “desueti” 009, e capaci di compromettere lo status quo, in assenza di qualcuno che possa respingerne le mefistofeliche invettive. Ecco allora che il film, nel mettere in scena le azioni degli eroici protagonisti e la loro necessità di trascendere i limiti pur di preservare l’incolumità collettiva degli abitanti di Tokyo, lega sin da subito le traiettorie dei personaggi alla volontà degli autori di Cyborg 009 vs Devilman di rendere presenti – e quindi rilevanti nel panorama odierno degli anime – quelle figure che sono percepite, da buona parte delle audience contemporanee, come dei meri relitti del passato.

E finché la narrazione si sofferma sulle icone create da Shōtarō Ishinomori, il film preserva una sua coerenza, sia dal punto di vista puramente drammaturgico, che quello, appunto, comunicativo. Il problema, semmai, lo ravvisiamo ogni qualvolta il focus si sposta su Devilman, e sul sistema di personaggi che ruota attorno al tragico Akira Fudō, relegato qui ad un ruolo perlopiù subalterno, che compromette l’istanza stessa su cui dovrebbe fondarsi il successo di un’operazione come il crossover. E per quanto questo Cyborg 009 vs Devilman segua, senza mai deviarne il corso, la formula stabilita ormai da diverse decadi dai suoi predecessori/omologhi, l’assenza di un equilibrio tra le due grandi icone fumettistiche qui raccontate dà vita sì ad una narrazione sbilanciata, ma soprattutto pregiudica quella modernizzazione iconografica dei personaggi (e delle loro storie) che gli autori avrebbero voluto perseguire con il progetto in questione. Derubricato, se vogliamo, ad un omaggio sincero e solo parzialmente riuscito di figure impossibilitate, almeno in questo film, a smarcarsi dall’onda del tempo, e a superare così lo stigma del mero tributo nostalgico.

Titolo originale: id.
Regia: Jun Kawagoe
Voci: Jun Fukuyama, Shintaro Asanuma, Haruka Shiraishi, Tomoaki Maeno, Mao Ichimichi, Hiroki Touchi, Tsuyoshi Koyama, Yu Mizushima, Hozumi Goda, Ayumu Okamura, Shigeru Ushiyama
Distribuzione: Nexo Digital, Yamato Video
Durata: 90′
Origine: Giappone, 2015

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
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Il voto dei lettori
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