DA SODOMA A HOLLYWOOD 20: Nel segno della qualità

Con la vittoria del thailandese “Sud Pralad” si è chiusa la XX edizione del G & L Festival di Torino, che ha saputo dimostrare la buonissima vitalità e l'apprezzabile qualità del cinema a tematica omosessuale. Pellicole interessanti, eterogenee, coraggiose e originali, per un festival in ottima salute.

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Si è conclusa con successo la ventesima edizione del Festival Internazionale di Film con Tematiche Omosessuali di Torino. In un Teatro Nuovo al solito gremito si è svolta la cerimonia di premiazione, condotta con verve da Vladimir Luxuria e Fabio Canino, e punteggiata dalle esibizioni musicali di Ivan Cattaneo, h.e.r. e The Sunny Boys. Una serata che ha sofferto delle classiche mancanze di questo tipo di manifestazioni, tra ritardi spaventosi e lungaggini fuorvianti e inutili, ma che ha comunque saputo rendere omaggio ad un festival che ha dimostrato, negli 8 giorni di durata, di godere di ottima salute. Concreto interesse da parte della stampa torinese e non solo, personaggi di rilievo come John Waters, Lea Pool e Serra Yilmaz pronti a dialogare con il pubblico, registi e addetti ai lavori da tutto il mondo presenti in sala in molte proiezioni, e soprattutto un'ottima affluenza di pubblico sia per i film in concorso che per le retrospettive e gli omaggi.

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Un festival colorito e gaudente che ha saputo offrire, e non era certo scontato, anche un cinema di buonissima qualità. Mediamente molto apprezzabili i film in concorso, pellicole coraggiose e originali, permeate da sguardi incisivi e raramente banali, che hanno dimostrato, oltre che la bravura degli organizzatori nella selezione, anche un'ottima vitalità dell'arte omosessuale, sempre aperta a nuove soluzioni visive e narrative e in grado di dipingere ritratti a volte gioiosi, a volte confusi, a volte disperati, il più delle volte efficaci nel farci comprendere un mondo complesso e ricco di connotazioni umane, morali e materiali. Alla fine, come da pronostico, ha vinto Sud Pralad (Tropical Malady), di Apichatpong Weerasethakul, opera thailandese che era già stata riconosciuta del Premio speciale della giuria all'ultimo Festival di Cannes e che è in uscita anche nelle sale italiane, storia d'amore, di mancanza e di una ricerca in cui il mito può divenire realtà.

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Il premio del pubblico è invece meritatamente andato a Ethan Mao, del canadese Quentin Lee, film lievemente squinternato ma sincero e genuino, che parte dall'unione sentimentale di due ragazzi abbandonati nel mondo ovattato della prostituzione, vira nella parte centrale verso i lidi del thriller claustrofobico (con evidenti riferimenti a La Morte e la Fanciulla di Polanski), e si incammina verso un finale sognante e favolistico in cui l'amore trionfa nonostante le dure leggi della società. Non premiati ma comunque meritevoli di citazione anche Poster Boy di Zak Tucker, My Summer of Love di Pawel Pawlikowski, in uscita nelle nostre sale a inizio giugno, Eros Therapie di Daniele Dubroux, e Colour Blossoms, del regista hongkonghese Yonfan, film che ha fatto discutere (e deluso il pubblico) per l'estremismo dei contenuti e per gli indefessi pleonasmi della messinscena, ma che riesce comunque con mirabile eleganza visiva a dipingere il significato dell'amore assoluto che nel sadismo e nella morte trova il suo più alto compimento.


Nella categoria cortometraggi il primo premio è andato a Last Full Show, di Mark V. Reyes, dalle Filippine, ambientato nel ventre oscuro della comunità gay di Manila, un cinema a luci rosse in cui un ragazzo va in cerca di avventure per trovare prima l'illusione e poi il triste abbandono. Menzioni speciali anche per i francesi Plutot d'Accord e Embrasser les Tigres, e colpevolmente dimenticato il corto più bello, 9:30, di Mun Chee Yong, da Singapore, lancinante e commovente storia di un amore finito, di un'esilio sconfessato e di una lontananza silenziosa e insostenibile. Citiamo infine la vittoria nella sezione documentari di Gan, da Israele, e nella sezione video dell'americano Dorian Blues ex-aequo con il tedesco Anfanger. Da notare la quasi totale mancanza di film italiani in concorso: eccessiva esterofilia degli organizzatori? Mediocre qualità delle pellicole presentate? In Italia si girano pochi film a tematica omossesuale? O forse si ha solo timore di proporli ad un pubblico vasto ed eterogeneo?


Salutiamo comunque il Gay & Lesbian Festival con soddisfazione, e con un applauso al direttore Giovanni Minerba e a tutto lo staff per l'ottima riuscita di un evento insostituibile nel panorama cinematografico nazionale. All'anno prossimo.

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