Dall’alto di una fredda torre, di Francesco Frangipane

Un esordio che guarda con passione al cinema nordico più morale, cinico, intransigente ma che, alla lunga, fatica a lasciarsi andare e, soprattutto a far sporcare le mani ai suoi personaggi.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Si sceglie nomi, spazi importanti per il suo esordio nella fiction Francesco Frangipane, autore teatrale, sceneggiatore per Marco Risi, che nel trasporre al cinema la pièce Dall’alto di una fredda torre, che il regista ha già diretto per il teatro, di fatto svela tutti i debiti che l’opera ha con certi sguardi autoriali. Prime tra tutte, ovviamente, le atmosfere glaciali, moraleggianti, di certo cinema nordico a partire da Haneke e dai suoi quadri famigliari.

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Anche qui, in effetti, tutto parte da una famiglia, quella formata da una madre e da un padre anziani e dai loro figli, i gemelli Antonio ed Elena. La loro quotidianità viene sconvolta quando ai due genitori viene diagnosticata una rara malattia degenerativa che, salvo un trapianto d’urgenza, li condurrà rapidamente alla morte. I due figli si offrono volontari per la donazione ma solo Elena potrà effettivamente farlo. A lei, dunque, sarà affidato il compito, impietoso, di dover scegliere quale dei due genitori salvare.

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Ecco, di quel cinema Frangipane cattura efficacemente soprattutto il ribaltamento della normalità, lo straniamento che si fa spazio dopo un evento silenzioso ma catastrofico, la lenta discesa nell’assurdo che emerge dopo un primo atto tutto dialoghi in controtempo, rapidissimi, vivi tra figli e genitori.

Eppure, malgrado l’evidente intelligenza dell’approccio alla materia e l’abilità nella direzione degli attori (a partire dai due ottimi protagonisti, Vanessa Scalera e Edoardo Pesce), Dall’alto di una fredda torre fatica ad entrare davvero nel vivo delle cose, a confrontarsi con il nichilismo di quell’immaginario che evoca.

Lo tradisce forse già l’altalenante gestione del ritmo di un racconto che si rende conto dell’alchimia del cast ma stacca sempre un attimo prima di poter mostrare in profondità il rapporto tra i protagonisti o le loro tensioni interiori, quasi temesse di rallentare eccessivamente i giri o di portare eccessivamente alla luce le loro fragilità.

Sulla lunga distanza, quindi, il dilemma etico rimane sempre in campo ma viene guardato sempre più alla distanza, domina i dialoghi ma finisce per essere soprattutto descritto, raccontato sempre con le stesse parole piuttosto che divenire una sorta di oggetto contundente su cui far deflagrare le esistenze dei personaggi. Antonio ed Elena finiscono dunque per tenere tutto dentro e Dall’alto di una fredda torre pare rendere molto meglio sulla corta distanza, in certi passaggi fulminanti dove forse il film si sente più sicuro ad assecondare quello stesso cinismo che in altre occasioni lo spaventa (“Peccato non sia una grave malattia”, dirà la madre dei protagonisti, all’oscuro di tutto e desiderosa di morire in fretta piuttosto che di condurre una vecchiaia noiosa)

Ma film del genere cercano il campo aperto, chiedono che le tensioni vengano in qualche modo sfogate e quando la resa dei conti diviene inevitabile il film di Frangipane arriva all’appuntamento propositivo ma col fiato corto, come a raccogliere i risultati di un percorso preparato in modo troppo conservativo.

Dall’alto di una fredda torre continua a girare per troppo tempo attorno al nucleo del racconto e quando non può fare a meno di confrontarsi con esso lo fa in modo didascalico, quasi meccanico, a tal punto che basta uno spunto lasciato cadere fuori tempo per rischiare di tornare convenientemente al punto di partenza.

Ma forse il problema del film non è tanto strutturale ma a suo modo emotivo, come se l’approccio irrisolto ma appassionato di Frangipane nascondesse il desiderio di non lasciare troppo scoperti, senza difese, i personaggi di fronte a temi così complessi e quasi irreali nel loro cinismo.

 

Regia: Francesco Frangipane
Interpreti: Edoardo Pesce, Vanessa Scalera, Anna Bonaiuto, Giorgio Colangeli, Elena Radonicich, Massimiliano Benvenuto
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 90′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
3 (10 voti)
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