Dear Werner, di Pablo Maqueda
Un atto feticistico e omaggio spassionato, poiché la rigidità dell’impostazione in capitoli si scioglie presto nella sincerità dell’amore per il soggetto. Da oggi in sala.
«Forse l’estasi sarà vera se mai riuscirò ad incontrarti ed esprimerti ciò che significhi per me». Pablo Maqueda, madrileno, è arrivato all’indirizzo dove Lotte Eisner visse a Neuilly-sur-Seine, vicino Parigi. Ha affrontato un lungo viaggio a piedi sulle orme di Werner Herzog, replicando quella camminata leggendaria del 1974 raccontata nel libro “Sentieri nel ghiaccio”. L’autore bavarese, allora promessa del Nuovo Cinema Tedesco, giurò che se avesse raggiunto l’amica-mentore malata, marciando con poche mirate soste da Monaco alla capitale francese, lei sarebbe certamente sopravvissuta.
Lo spagnolo ha molte domande e pochissime risposte, perciò ha un che di piacevole agganciare il suo sguardo. A un certo momento, sulle boscose montagne della Germania, troviamo una grotta e, mentre ci inoltriamo alla scoperta, sviluppiamo forse la riflessione più interessante dell’intera operazione: è forse qui che rimangono i progetti dimenticati? Il cinema come lotta alla paura e al rifiuto. Il senso stesso del cinema di Herzog, ma anche dell’attività di Eisner mentre proteggeva dai nazisti centinaia di pellicole della Cinémathèque nel 1942. Notevole poi l’apparato musicale, dinamico e suggestivo come i celebri temi portanti di Aguirre, Cuore di vetro, Nosferatu e gli altri capolavori di Werner Herzog.
Titolo originale: id.
Regia: Pablo Maqueda
Distribuzione: Mescalito Film
Durata: 80′
Origine: Spagna, 2020