Dellamorte Dellamore, di Michele Soavi

In sala restaurato per il suo 30esimo anniversario, l’ultimo vero cult della storia dell’horror italiano, Everett come proto-Dylan Dog e tutta la filosofia minimal e grottesca di Tiziano Sclavi.

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Cinema La Compagnia - Dellamorte Dellamore

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Gnaghi, l’aiutante del custode del cimitero Francesco Dellamorte in grado di esprimersi unicamente tramite il verso “Gnà”, è finito recentemente a fare l’assistente di Dylan Dog al posto di Groucho, nel – chiacchieratissimo – ciclo Dylan Dog 666 di Roberto Recchioni, sovrapponendo definitivamente la figura del detective dell’incubo bonelliano con quella del suo progenitore sempre a firma di Tiziano Sclavi, portato al cinema da Rupert Everett in un film, questo, che oggi ritorna in sala per il 30esimo anniversario.
Alla sua uscita noi che ci scambiavamo già gli albi (per certi versi proibiti) di Dylan Dog tra i banchi delle scuole medie lo avevamo eletto istantaneamente al rango di film di culto, vuoi mettere un tipo che assomiglia a DYD che spara in testa agli zombi per tutto il tempo, un’arena estiva in un paese di mare ti faceva entrare a vederlo anche se non avevi propriamente compiuto i 14 anni del visto censura imposto al titolo, e poi era tutta una gara a recuperare i Soavi precedenti, i vertiginosi La chiesa e La setta: come stanno scrivendo in tanti in questi giorni in cui si è tornati a parlare di Dellamorte Dellamore, il film segna in qualche maniera la fine di un certo modo di intendere il cinema di genere “da grande pubblico” in Italia, o quantomeno una sua mutazione inevitabile con gli anni ’90 (un Trauma) – non è un caso che poi buona parte della squadra di questo film abbia trasmigrato in progetti (non meno visionari, a ripensarci oggi) come Fantaghirò in tv. Io stesso ho tentato in più modi di preservare il Michele Soavi della mia pre-adolescenza anche di fronte alle sue fiction con Raoul Bova (per fortuna il miglior Soavi è tornato poi a firmare lo strepitoso Arrivederci amore, ciao).

In ogni caso: rivisto “da adulto” (chi?), è un film che vola altissimo sin da subito, Soavi ha una concezione della regia chiaramente figlia delle sue esperienze con Argento e Gilliam e quindi va costantemente di astrazioni, si alza in aria all’interno della pazzesca scenografia di Antonello Geleng e lascia tutto lo spazio possibile alle invenzioni di Stivaletti e soci (non solo la statua della Morte – che ritornerà poi anche in Dylan Dog 666, ma anche lo zombi motociclista fuso con la moto): sopra ad ogni cosa, la sceneggiatura di Gianni Romoli riesce a riportare quel senso di ironia esistenziale, di filosofia minimal, di disincanto grottesco e dolceamaro, tipico della scrittura di Sclavi.
Il protagonista non riesce più a fare differenza “tra i vivi morenti e i morti viventi”, e quindi Soavi gira ogni sequenza dal basso, livello lapide, o dall’alto, livello visita al cimitero, ogni inquadratura è una sorta di loculo, di tomba (la geniale intuizione della testa mozzata parlante incastrata nel televisore scassato), e la scena si restringe via via sempre di più, come la scena nella terapia intensiva avvolta nel buio, fino ovviamente al finale beckettiano “sotto vetro”, come nella Traversata del Capitano Solo di Gabriele Romagnoli.
Soprattutto (non potevamo forse accorgercene allora, quando giocavamo al magnifico punta-e-clicca Horror Luna Park e cercavamo di decifrare la storia Totentanz ristampata sul diario scolastico di Dylan), Dellamorte Dellamore è uno struggente film d’amore, di quelli in cui rivedi la donna amata dappertutto anche quando vorresti averla uccisa (il nostro Guglielmo Tell?), quegli amori che ti tolgono il respiro, in cui ci si bacia incappucciati ognuno sotto il proprio velo, come in quel quadro di Magritte che Soavi cita esplicitamente in un magnifico momento dell’opera.

Regia: Michele Soavi
Interpreti: Rupert Everett, François Hadji-Lazaro, Anna Falchi, Stefano Masciarelli, Mickey Knox, Micha Kopman, Claudia Lawrence, Francesca Gamba, Gianluca Gennaro
Distribuzione: Medusa, CG Entertainment in collaborazione con Cat People
Durata: 106′
Origine: Italia, 1994

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
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