DNA – Le radici dell’amore, di Maïwenn
Forse il film più personale dell’attrice e regista franco-algerina. Un viaggio nella famiglia, nella memoria e nella definizione della propria identità spirituale. Su Sky
Emir è il patriarca malato di Alzheimer. Da giovane ha lasciato l’Algeria per trasferirsi a Parigi, dove è diventato un intellettuale impegnato politicamente. Sta morendo e non ricorda più nulla, ma la sua malattia sembra in qualche modo affliggere tutta la sua famiglia, dilaniata dai contrasti personali e da un rapporto ancora non del tutto riconciliato con la religione musulmana e il passato algerino. La morte dell’uomo e il suo funerale diventano allora il detonatore che fa scoppiare gli equilibri collettivi e personali. Su tutti è la nipote Neige, la più sconvolta e la più vulnerabile. Per lei inizia un percorso di autoanalisi, di riscoperta della memoria storica e personale.
Inizia come un film corale sulla famiglia e sul lutto per poi diventare parabola identitaria di un singolo personaggio, appunto Neige, interpretato dalla stessa regista. E quindi il film dopo una prima parte descrittiva e iper-dialogata, dove emerge a turno la personalità e il punto di vista di ogni immigrato membro della famiglia, a mano a mano assume contorni allucinatori, mettendo in scena quasi una sorta di via crucis fisica e psicologica di Neige, fino ad arrivare alla riappropriazione di sé attraverso un ritorno a casa in terra d’Algeria.
Come sempre accade nel cinema di Maïwenn l’equilibrio tra vitalità e semplicismo, complessità e sentimenti di superficie è labile, mai del tutto risolto. Un po’ come il tono di questo DNA – Le radici dell’amore, in bilico tra la commedia, il dramma e l’impegno civile. C’era abbastanza carne al fuoco quindi per fare un’opera confusa e insicura, invece il film di Maïwenn è solido, mai presuntuoso, dolente persino per come mette in scena il trauma identitario e culturale degli immigrati di seconda e terza generazione. “Volevo fare un film che ci facesse domandare: da dove vengo effettivamente?” ha dichiarato la regista. Il rapporto con il Paese di provenienza qui diventa ossessivo, con un’attenzione particolare agli oggetti, ai sapori, alle foto d’epoca e al materiale di repertorio. Un film francese, ambientato a Parigi, che ritorna sul trauma algerino, cercando una nuova riconciliazione con la terra del Nord Africa. Forse anche per questo le scene finali ambientate ad Algeri, con la macchina da presa che sfila per la città durante le manifestazioni popolari, hanno un sapore catartico e liberatorio.
Titolo originale: ADN
Regia: Maïwenn
Interpreti: Maïwenn, Louis Garrel, Marine Vacth, Fanny Ardant, Dylan Robert
Distribuzione: Sky
Durata: 90′
Origine: Francia, 2020
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto al film è a cura di Simone Emiliani