DVD – "Duello a El Diablo", di Ralph Nelson

duello a el diabloLa sensazione è che regia e scrittura abbiano tentato qualche accorgimento progressista, ma senza voler intaccare la classicità di un prodotto ancora caparbiamente fedele all’invocazione a Dio, all’assedio al fortino e all’arrivo della cavalleria. Il DVD realizzato da Koch Media è più che sufficiente per la tecnica

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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duello a el diabloTitolo originale: Duel at Diablo
Anno:
1966
Durata: 100'
Distribuzione: Koch Media
Genere: Western
Cast: James Garner, Sidney Poitier, Bibi Andersson, Dennis Weaver, Bill Travers, William Redfield
Regia: Ralph Nelson
Formato DVD/video:
1,66:1 Letterbox
Audio: Italiano Dolby Digital 2.0 Mono, Inglese Dolby Digital 2.0 Mono Sottotitoli: Italiano
Extra:
Trailer, galleria fotografica

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IL FILM
Se non ci fossero stati Sidney Poitier e Bibi Andersson nel cast e Ralph Nelson alla regia, questo Duello a El Diablo sarebbe uno dei tanti western classici, trascurabili e fatti con lo stampino, che Hollywood, con lodevole coerenza (culturale, politica, economica) o deprecabile testardaggine (altrettanto culturale, politica, economica), ancora produceva tra la metà e la fine degli anni Sessanta nonostante qualcosa stesse cambiando o fosse già cambiato. La rivoluzione culturale però si era già fatta strada silenziosamente nel cinema di Hollywood e le grandi major, attratte da un nuovo scenario commerciale riconosciuto in un pubblico giovane, cominciavano a fare delle prove instillando qualche novità all’interno di una struttura tutt’al più ancora tradizionale. Quest’accenno di apertura culturale lo si può rintracciare in primo luogo proprio nella scelta del cast con il nero Poitier e la straniera Andersson chiamati ad affiancare James Garner, tipica faccia americana alla James Dean o Steve McQueen.
duello a el diabloÈ la scrittura ad azzardare qualcosa di nuovo concependo una trama predisposta ai dettami del progressismo: si parla di dollari, quelli ricavati dall’esplosivo sul carro e quelli dalla domatura dei cavalli selvaggi, si parla di riserve in cui gli indiani vengono costretti senza il loro volere, si parla di mogli abbandonate che hanno in grembo un figlioletto indiano, si parla di razzismo, tolleranza, uguaglianza e si accusano timidamente i benpensanti della borghesia (“Non conta quello che è successo a me, ma quello che la gente pensa di te”, dice Ellen). Hollywood per ora è disposta ad accogliere pensieri alternativi (significativa in questo senso è la sequenza dell’acceso dibattito tra Jess, che accusa la cavalleria di aver rinchiuso gli indiani nelle riserve, e il generale, che ricorda la violenza degli indiani mostrandogli lo scalpo della moglie), ma non è ancora disposta a ribaltare completamente l’assunto buono (cowboy)/cattivo (indiani) e gli Apache vengono descritti e mostrati come un popolo assetato di vendetta e sangue (le terribili torture cui sono sottoposti i prigionieri). Qualche anno e Nelson potrà attuare il ribaltamento con il suo famoso Soldato blu.
La sensazione è che regia e scrittura abbiano tentato qualche accorgimento progressista, sia in fatto di tematiche che di stile, ma senza voler intaccare la classicità di un prodotto ancora caparbiamente fedele alla tradizione. La regia di Nelson è all’inizio coraggiosa e ispirata (pensiamo alla panoramica aerea sui titoli di testa, pensiamo al gioco geometrico che il regista disegna all’inizio del film, seguendo la verticale della montagna, scoprendo la verticale della tortura al soldato e infine riprendendo Jess con una zoomata), poi invece ripara nel più rassicurante uso di piani americani e macchina fissa. Le parole disilluse pronunciate dalla Andersson vengono piano piano messe da parte, come fosse ancora troppo presto per comprenderle, e lo spettatore medio viene rassicurato con l’invocazione a Dio («Signore, dacci una fine gloriosa o la vittoria», prega il generale), l’assedio al fortino improvvisato e l’arrivo della cavalleria.
 
 
duello a el diabloIL DVD
Per il lancio commerciale di un film poco conosciuto, probabilmente trascurabile e, in quanto western, di per sé poco appetitoso per la maggior parte dei consumatori di oggi, la Koch Media ha optato per una grafica e una serigrafia moderne. La copertina, infatti, non è quella di un western del ’66, pare piuttosto quella di un qualche b-movie come vanno di moda oggi. Anche i menu sono moderni e piacevoli, con immagini sia statiche che in movimento, accompagnamenti musicali e, selezionata la voce che interessa, lo scaricarsi del caricatore di una pistola.
Ciò che più interessa, comunque, è il reparto tecnico. Il quadro è pulito, ma un po’ scuro, le operazioni di restauro sono state fatte con sufficiente cura, anche se di tanto in tanto qualche fotogramma soffre di una definizione scarsa (è il caso degli ultimi fotogrammi del ritorno a casa di Ellen). Non ci sono difetti gravi da segnalare per l’audio, forse ci sono sembrati un po’ bassi i volumi per i dialoghi (per conservare l’audio d’epoca e permetterne un ascolto senza rumore di fondo?). Com’è abitudine per film poco noti, gli extra sono praticamente inesistenti: solo il trailer in lingua originale.
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