L’ultimo capodanno, di Marco Risi

l'ultimo capodanno
Un film grottesco e allucinato, cupo e debordante, tratto da un racconto di Niccolò Ammaniti. In un comprensorio residenziale, figure squallide di borghesi, arricchiti e ladruncoli intrecciano le loro storie fino a una catastrofe apocalittica, che lava ogni ipocrisia. Un’opera che sembra pensata apposta per non piacere a un pubblico vasto: complice anche un umorismo nero che scade troppo spesso nel trash. Venerdì 28 gennaio, ore 22.40 Sky Cinema Italia

 

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Quando il film uscì, nel 1998, il regista Marco Risi decise di ritirarlo dalle sale dopo soli tre giorni: L’ultimo capodanno non attirava il pubblico. Risi aspettò un anno per proporlo di nuovo. Sta di fatto che l’opera, tratta dal racconto L’ultimo capodanno dell’umanità di Niccolò Ammaniti, non sembra pensata per piacere a una fetta sostanziosa di spettatori. Complice la folle mescolanza di generi – grottesco, pulp, drammatico – cui il pubblico nostrano non è abituato. Ma complice soprattutto il velleitarismo di un film che non ha le prerogative per imporsi come metafora dell’umanità, quale vorrebbe essere, e si risolve in un chiassoso esperimento: interessante per certi aspetti, fallimentare per molti altri.
È la sera del 31 dicembre: al numero 1043 di via Cassia, nel comprensorio residenziale “Le Isole”, un’umanità squallida si appresta a festeggiare il Capodanno. Chi pensa sia l’occasione adatta per svaligiare una casa, chi decide di farla finita imbottendosi di pasticche, chi progetta di vendicarsi con il fidanzato e l’amica per un tradimento. La notte di San Silvestro è risolutiva per la vita di ognuno: coloro che compiono delle scelte, e coloro che quelle scelte si trovano a subirle. Nel finale apocalittico i personaggi vengono spazzati via come moscerini, insieme ai loro problemucoli terreni che, al di fuori del comprensorio, non interessano a nessuno. Si alza un fungo verso il cielo, e il solo a emergere dalle macerie – il personaggio più rintronato, meno adatto a rivestire un ruolo da protagonista – sembra l’ultimo uomo sulla Terra, e si allontana col suo motorino precario su Corso Francia, mentre il mattino sorge piano piano.
Fin dalle prime scene, allucinate, cupe, eccessive, si presagisce la catastrofe finale. Episodi decisamente comici si alternano ad altri macabri, sanguinari, violenti. Alessandro Haber in tenuta sadomaso rassicura la moglie, all’altro capo del telefono, mentre dei balordi gli svaligiano lo studio: lo split screen – cui il regista ricorre spesso in modo brillante – non fa che rimarcare l’assurdità della situazione. Un ragazzotto in preda ad allucinazioni parla, davanti a una caldaia che sembra vivente, con un ingegnere defunto e con sua figlia, schiacciata da una carrozza e ancora sanguinante: scena surreale, folle, onirica, per la quale si è fatto ricorso a effetti speciali digitali. La mano di un nonno di famiglia schizza nel piatto delle lenticchie. Un ragazzino che interviene in soccorso del padre viene travolto da un televisore caduto dall’alto. Un fedifrago Marco Giallini agonizza legato a una sedia, trafitto da una fiocina.
Sembra quasi una versione pulp di Parenti serpenti, il film di Mario Monicelli uscito qualche anno prima e decisamente più riuscito. Anche ne L’ultimo capodanno vengono derisi certi ambienti borghesi, che producono soltanto marciume e immoralità. Forse non è un caso che entrambi i film finiscano con un’esplosione: il fuoco come soluzione estrema, che lava le colpe o risolve le cose, o assolve entrambe le funzioni contemporaneamente. E potrebbe non essere un caso che sia Alessandro Haber, in entrambi i film, a indignare gli altri personaggi: nel film di Monicelli confessando la propria omosessualità, nel film di Risi facendosi sorprendere durante evasioni masochiste.
Ne L’ultimo capodanno i “serpenti” non si trovano in famiglia, ma fra gli amici, i condomini, i convitati. Il mostruoso, però, non è latente, né conturbante, ma manifesto, fin dalla prima scena. Tutto è esasperato già all’inizio, e il climax finale non può che essere l’unica, inevitabile chiusura, in un film che pecca di eccessi, e in cui il grottesco diventa troppo frequentemente trash.

Regia: Marco Risi
Interpreti: Marco Giallini, Monica Bellucci, Claudio Santamaria, Giorgio Tirabassi, Ricky Memphis, Alessandro Haber, Angela Finocchiaro
Durata: 100’
Origine: Italia, 1998
Venerdì 28 gennaio, Sky Cinema Italia, 22.40

 

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