"Il pugile e la ballerina", di Francesco Suriano

il pugile e la ballerinaL’idea notevole e potenzialmente interessante di rivelare e di raccontare la profonda solitudine maschile è sprecata in un quadruplo gioco di incastri troppo poco approfonditi per non risultare forzati. Il risultato è una sensazione di frettolosità, di malcelata superficialità, di pezzi che stentano a stare attaccati tra loro

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il pugile e la ballerina

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Storia di due coppie di solitudini, l’opera prima di Francesco Suriano, che rimanda nel titolo ad un vecchio film americano di gangster e amori impossibili, è ambientata e girata in un poco usuale (almeno al cinema) centro storico di Roma, bizzarro e pasoliniano.

Alle spalle, letteralmente, del Colosseo si sfiorano le vite di Enzo e Fabio, la ballerina e il pugile, con quelle dei due “poliziotti” Osho e Carletto.

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L’amore unilaterale, tenero e testardo di Enzino verso il giovane Fabio e il rapporto di tacita sottomissione tra Carletto e il “guru” Osho, parlano della stessa crisi profonda. Crisi tutta maschile e geometricamente costruita attorno alle due coppie, lontane ma speculari. 

La Roma in cui si muovono è nel pieno di un’ estate piena di grigi, di toni d’acciaio, di colori densi e sporchi al sole. Il ritratto del suo centro abitato da svariate tipologie umane, eccentrico e innocuamente bohémien è forse uno degli aspetti migliori e più riusciti del film.

Ma, a parte le buone intenzioni e alcune trovate interessanti, Il pugile e la ballerina è un film che non convince.

L’idea notevole e potenzialmente interessante di rivelare e di raccontare la profonda solitudine maschile è sprecata in un quadruplo gioco di incastri troppo poco approfonditi per non risultare forzati. Il risultato è una sensazione di frettolosità, di malcelata superficialità, di pezzi che stentano a stare attaccati tra loro. Così il ritratto di Carletto, del suo squallore esistenziale, della sua vigliaccheria, del suo vivere in casa con la madre malata rubandole la pensione, perde profondità perché immerso a forza nel rapporto con il poco credibile millantatore Osho. Peccato, perché soprattutto in quell’ interno tutto femminile (la madre e la giovane vicina di casa) ci sarebbe stato tanto da dire. L’idea quasi tarantiniana di rivelare solo verso la fine la vera identità dei due non riesce a recuperare quella che è, cinematograficamente, un’ occasione sprecata.

Lo stesso si può dire per la coppia “protagonista”. La petulante identità di Enzo e il narcisismo pansessuale e consumista di Fabio hanno senza dubbio più sfaccettature ( in particolare è interessante il mini ritratto di machismo periferico e sostanzialmente omosociale della palestra dove Fabio si allena), tuttavia rimane qualcosa di profondamente superficiale. E poco importa che i due, Enzo (Enzo Mazzarella ) e Fabio (Fabio Mattei) siano davvero chi fingono di essere. Poco importa che la storia sia la loro vera storia nella vita, e che Suriano abbia deciso solo di proiettarla sullo schermo. Il regista ha aderito  al monito zavattiniano sulla necessità di un cinema che spii la realtà. Ma questo purtroppo non fa automaticamente di un film un’opera con un’ anima e una vita proprie. 



Regia: Francesco Suriano

Interpreti: Enzo Mazzarella, Marcello Mazzarella, Fabio Mattei, Peppino Mazzotta, Francesca Benedetti, Arturo Cirillo, Carla Cassola

Distribuzione: P.F.A. Films

Durata: 93'

Origine: Italia, 2006

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