INFINITY FESTIVAL 2005 – I film di Maurizio Nichetti

La quarta edizione della manifestazione di Alba propone la retrospettiva dedicata a Maurizio Nichetti. La rassegna, la prima in Italia sul regista milanese, è l'occasione per fare il punto sulla sua eterogenea carriera.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Uno spettatore poco attento potrebbe forse chiedersi quale sia il rapporto che lega il tema dei "confini", argomento portante dell'edizione 2005 dell'Infinity Festival, con la retrospettiva dedicata a Maurizio Nichetti, che ripercorre i momenti significativi della carriera del regista milanese. A ben vedere, però, la questione è retorica e puramente formale, perché pochi registi come Nichetti hanno cercato da sempre di oltrepassare i confini imposti dal mezzo cinema, prima con una pellicola d'esordio come Ratataplan, esempio di film "muto" nel decennio delle parole (gli anni Settanta), poi con il tentativo di allargare i propri orizzonti, mescolando cinema e disegni animati (Volere volare) e riflettendo sul rapporto tra cinema e pubblicità (Ladri di saponette).

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La retrospettiva su Nichetti, quindi, ben si inserisce all'interno del programma di Infinity, da sempre alla ricerca di nuove forme della visione e punti di vista alternativi sulla realtà, sul cinema e sulla loro vicinanza/distanza. Nichetti accompagna i propri film, che pur rappresentano solo una parte di un lavoro ormai trentennale che comprende teatro, televisione, mimo, con un affetto e una partecipazione che traspaiono da gesti, tono di voce, sguardi; è palese il desiderio di rivendicare la loro importanza non solo all'interno della sua multiforme carriera, ma anche nel panorama cinematografico italiano degli ultimi trent'anni. Sembra, a tratti, di ascoltare Jacques Tati, grandissimo regista e comico del passato e ispiratore di Nichetti, che considerava, nonostante i continui fallimenti, i propri film come opere sempre un passo in avanti sui tempi.

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Nichetti dà prova di tutta la sua verve oratoria negli incontri con il pubblico all'inizio delle proiezioni e nella lezione di cinema con studenti delle scuole e addetti ai lavori. Un profluvio verbale che, se da un lato contrasta con l'essenzialità dei dialoghi nei suoi film, dall'altro dimostra anche esemplarmente il desiderio/necessità di offrire al pubblico un punto di vista "altro", alternativo, un corollario della visione, come a voler ribadire temi imprescindibili che potrebbero sfuggire all'attenzione. Ma c'è, ed è inutile nasconderlo, un fascino particolare che i suoi film riescono a trasmettere, che forse si manifesta proprio nel connubio tra omaggio al cinema classico e ansia di sperimentazione. Erede della grande tradizione del cinema comico (Chaplin, Keaton e ovviamente Tati), Nichetti anticipa però con Volere volare la coabitazione di attori in carne e ossa e cartoon che ha fatto la fortuna di Roger Rabbit (il film di Nichetti, pensato fin dal 1982, esce solo dopo il suo omologo statunitense); e con Ladri di saponette, omaggio "retrò" al neorealismo italiano, prefigura però i danni della pubblicità televisiva sul cinema, lanciando un grido d'allarme rimasto inascoltato.


In questo senso, non sorprende la cura minuziosa dedicata ai DVD dei film, alcuni dei quali mostrati durante gli incontri, che offrono un ricchissimo repertorio di inserti speciali: soggetti originali, backstage, piani di lavorazione e molto altro. Per Nichetti, accanito difensore dell'individualità e dell'autonomia del cinema rispetto alla televisione, la tecnologia è un modo per far sopravvivere i film. Essi, in effetti, sono sì figli del proprio tempo, ma anche opere trasversali, atemporali, in grado di comunicare il proprio messaggio anche a distanza di molti anni dall'uscita. La televisione, al contrario, muore nello stesso momento in cui si crea, e la prospettiva storica non può che annullarne completamente l'interesse successivo.

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